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  1. #1

    Manifestazioni. Gli studenti non propongono grossi cambiamenti

    Da quel poco che il superficiale mondo dell'informazione fa trapelare si capisce che gli studenti propongono cambiamenti altrettanto superficiali. Si, certo, il governo Berlusconi ha fatto molto poco o nulla per i giovani e va abbattuto. Ma, vediamo bene. Agli studenti non va giù la riforma Gelmini, non vogliono che vengano tolti fondi al mondo dell'istruzione. Allora per gli studenti il punto da difendere sono gli stanziamenti che c'erano prima? No. Vogliono più "stanziamenti"? Gli studenti pare non abbiano capito che una scuola più efficiente e, se è il caso, meglio finanziata è prima di tutto nell'interesse dei capitalisti. E allora ci dicano gli studenti che scendono in piazza, a che serve una scuola migliore se permane o aumenta lo sfruttamento? Lo sfruttamento è la più grande delle ingiustizie e gli studenti dovrebbero lottare prima di tutto contro questa ingiustizia.
    Poi una società liberata dallo sfruttamento potrà difendere tutti i suoi cittadini. Per dirlo con parole che Marchionni definirebbe "da uomini delle caverne" la lotta degli studenti dovrebbe essere una lotta di classe. E' la povera gente che ha bisogno di stanziamenti!
    E poi la concretezza. Da dove pensano gli studenti che un governo come quello di Berlusconi, di Bersani o di Vendola prenderebbe i soldi per soddisfare i veri obiettivi di classe degli studenti?
    Ci vorrebbe un vero e proprio cambiamento del sistema economico
    A questo punto è bene precisare che la gente ha avuto sempre bisogno di beni ma sempre più spesso non aveva il denaro per acquistarli. E a questo punto i capitalisti e i loro economisti servitori hanno detto candidamente che mancava la domanda.
    Oggi il capitalismo nei paesi sviluppati ha esaurito il suo compito di sviluppare le forze produttive ed è invece diventato un freno al benessere dei popoli. Infatti le fabbriche non si aprono o vengono chiuse perchè la gente è così povera che non può più acquistare la merce sul mercato. E questa situazione porta ad una ulteriore povertà con la disoccupazione. La disoccupazione a sua volta fa abbassare il costo del lavoro perchè il lavoratore, pur di lavorare accetta paghe più basse.
    Così il capitalismo porta la povertà e spinge alla guerra per smaltire le sue merci.
    Per questo è indispensabile e improcrastinabile la presa di coscienza della gente che è necessario instaurare un nuovo sistema economico.
    A questo punto apro una parentesi.
    Si dice che il comunismo ha fallito. Ma il comunismo può esserci solo dopo che il capitalismo ha svolto il suo compito di sviluppare le forze produttive. In Russia invece, ai tempi della rivoluzione i mezzi di produzione non erano affatto sviluppati. In Russia e in altri paesi sottosviluppati c'è stato il collettivismo, che non è comunismo. Quando non ci sono sufficienti mezzi di produzione è chiaro che l'uomo è spinto contro l'uomo per sopravvivere e prevale l'egoismo. Il comunismo vero invece ha bisogno di cooperazione e di pace. Per questo alla base della produzione non ci deve essere più la centralizzazione del capitale in poche mani, ma le fabbriche devono appartenere a tutta la gente e la produzione deve essere sotto il controllo dell'intero popolo. In questo modo le fabbriche potranno restare aperte finchè ci sarà bisogno di beni, e tutti otterranno i beni a loro necessari. Poi certamente la scala della produzione si ingrandirà perchè oggi abbiamo macchine molto potenti che possono effettuare il ricambio con la natura e la gente potrà avere anche più dello strettamente necessario.
    E per concludere un augurio di buona riflessione agli studenti.
    Da: http://amici-di-galileo.blogspot.com...denti-non.html
    Giorgio
    L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, e poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)

  2. #2
    non c'è una fase in cui lo sviluppo termina. Il mondo è in continua evoluzione.

    Se si accetta il fatto che il capitalismo (quello sano) tende a sviluppare, mentre il comunismo (quello più puro) concede il fianco ai difetti innati dell'essere umano e in definitiva conduce al lassismo e allo spreco, dovremmo ammettere che il comunismo è anacronistico perchè ciò è ormai ampiamente dimostrato dalla Storia. Mentre il capitalismo, comunque, si può dire che non se la passi in ogni caso tanto bene.

    Una terza strada non mi viene in mente.
    Direi dunque che non è certo il sistema perfetto, ma è il migliore attualmente concepito.

    L'unica cosa che credo sia palusibile, è cambiare certe regole del capitalismo. Introdurre dei vincoli morali... non so.... di sicuro vigilare di più e meglio sulle regole che ci sono e andrebbero fatte rispettare. Forse pensarne anche di nuove (ma io inizierei col rispetto di quelle che ci sono già, se non altro!)

    Capitalismo o libero mercato non significa che ognuno possa fare ciò che vuole in nome del soldo. Meccanismi come l'Antitrust, giusto per fare un esempio, devono far parte integrante di un maccanismo capitalista sano ed efficiente.

    Il problema del capitalismo odierno, è la deriva illegale e malandrina che ormai sta avendo il sopravvento nella società civile dei Paesi occidentali. In una parola sola, la colpa dello stato attuale di crisi, secondo me, non è del capitalismo, ma della DECADENZA.

    C'è sempre meno voglia di fare, si reclamano sempre più diritti e si è disposti ad accettare sempre meno doveri. Sei furbo se ottieni qualcosa grazie ad una scorciatoia. Poco importa se a danno del resto della comunità. Sei furbo se meno fai, più hai. Chi se ne frega se il vicino evade, io di certo non passo guai per denunciarlo. Idem per il collega che ruba lo stipendio dormendo in bagno. O per quell'idraulico che non fa fattura... etc etc... E poi per le nuove generazioni (fino ad arrivare a quelle dei moderni 30enni), è uno scandalo se papi non mi compra la moto, la macchina e possibilmente la casa. Sempre di più ciò che abbiamo non è più frutto del nostro lavoro, ma di quello dei nostri genitori. Eppure il mondo ha sempre funzionato secondo una rigida e immutabile logica: per avere, occorre produrre.

    E ce ne sarebbe da dire...
    «Nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto» - Michael Jordan

    «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.» - Gandhi

  3. #3

    Re: Manifestazioni. Gli studenti non propongono grossi cambiamenti

    Originariamente inviato da giorgiogio48
    Gli studenti pare non abbiano capito che una scuola più efficiente e, se è il caso, meglio finanziata è prima di tutto nell'interesse dei capitalisti.
    come si pone questa affermazione coi tagli in finanziaria alle scuole pubbliche e contemporaneamente l'aumento dei fondi alle scuole private?
    (Che poi che c'azzecca il privato col finanziamento statale ancora lo devo capire).
    Comunque non mi pare proprio, lo sfruttamento con l'ignoranza ci sguazza.

    E se la mette sul piano dello sfruttamento, perchè dare colpa agli studenti se tutti gli altri non si uniscono a loro?
    E perchè non dare le stesse colpe ai vari manifestanti che via via si sono alternati negli ultimi mesi?
    Pare che si vogliano accollare sugli studenti tutti i mali da combattere..sinceramente mi pare tutto chiacchiere e distintivo sto pezzo.

  4. #4

    Re: Manifestazioni. Gli studenti non propongono grossi cambiamenti

    Originariamente inviato da giorgiogio48
    Gli studenti pare non abbiano capito che una scuola più efficiente e, se è il caso, meglio finanziata è prima di tutto nell'interesse dei capitalisti.[/url]
    A me pare una supercazzola....

    Da quando la scuola efficiente è nell'interesse dei capitalisti?

    Meglio si studia più si è liberi. Liberi di scegliere tra cose che si conoscono, liberi di capire le cose che non vanno...
    Ciao!

  5. #5
    @fulgenia
    Al capitalismo servono laboratori, ricerca, istruzione, infrastrutture ecc.. eppure il capitalismo straccione italiano non è in grado di darseli. Questo non significa che non gli servano queste cose. Poi è chiaro che in ogni modo alla povera gente vanno solo le briciole.
    @Nuvolari2
    il capitalismo si può dare un colpo di cipria ma non può migliorare la propria essenza. Anche dopo il '29 i capitalisti vollero darsi nuove regole, e sempre dopo ogni crisi si sono cercate "nuove regole".
    Le grosse crisi del capitalismo del dopoguerra sono sono incominciate nel 1971 e ogni volta i capitalisti hanno detto che occorrevano nuove regole. Poveri quelli che ci hanno creduto.
    Nel 1971, gravati da un enorme deficit della bilancia dei pagamenti (conseguente al loro indebolimento sui mercati internazionali e al deficit dello Stato amplificato dalla guerra in Vietnam), gli Usa decretarono unilateralmente l’inconvertibilità del dollaro in oro (di fatto sospesa da tempo), allo scopo di: promuovere la svalutazione del dollaro e, di conseguenza, un alleggerimento automatico del deficit di bilancia dei pagamenti; far riacquistare competitività alle merci americane, facendo gravare l’inflazione sugli altri paesi capitalisti; indurre una parziale svalorizzazione delle riserve in dollari dei paesi concorrenti e degli stessi eurodollari.

    Il deprezzamento del dollaro spinse i possessori di grandi capitali monetari (ovvero i capitalisti finanziari) a cercare di garantirsi contro il rischio di possibili perdite attraverso l’acquisto di materie prime, inducendo un generale rialzo dei prezzi, che aprì la strada all’impennata del prezzo del petrolio del dicembre 1973.

    Tra la fine del 1973 e l’inizio del 1974 il prezzo del petrolio si quadruplicò. Il prezzo del petrolio aveva avuto una storia relativamente tranquilla dalla seconda metà del XIX° secolo fino ai primi anni ’70 del secolo scorso, quando i 6 paesi dell’OPEC(3) fecero raddoppiare il prezzo medio del petrolio, portandolo a superare i 10 dollari a barile. L’aumento del costo del barile significava da un lato, una fetta più grossa per gli “sceicchi” (ovvero la casta semifeudale dominante nei paesi arabi, per lo più legata all’imperialismo U.S.A.) e dall’altra costi di produzione maggiori per gli europei e i giapponesi, più dipendenti dalle importazioni dalle importazioni petrolifere che non gli U.S.A. (le cui merci guadagnarono di fatto competitività nella concorrenza sul mercato mondiale). L’aumento del prezzo del petrolio (quintuplicato in due anni poi raddoppiato nei successivi 8-9 anni) concorse con il ciclo mondiale delle lotte operaie del periodo 1969-72 ad accrescere i costi di produzione dei capitalisti europei e giapponesi nel momento in cui finiva un trentennio di sviluppo e più diventava il bisogno del capitale ad abbassare i costi di produzione.

    L’aumento del prezzo petrolio, fu voluto dall’imperialismo U.S.A. in combutta con l’Arabia Saudita, il maggior produttore mondiale di petrolio, approfittando della guerra tra Israele e i paesi arabi (principalmente Egitto e Siria) per indebolire i rivali imperialisti europei e giapponesi. Proprio in questo periodo, 1973/74 tutte le economie dell’area OCSE subirono una consistente caduta.

    Iniziò cosi una fase di profonda ristrutturazione dell’economia capitalistica su scala mondiale che si sviluppò su due linee: la ristrutturazione degli impianti produttivi (con l’introduzione di macchinari più sofisticati e il “decentramento produttivo” nelle metropoli imperialiste e con massicci trasferimenti verso i paesi di “nuova industrializzazione”) e la ristrutturazione dei meccanismi della finanza mondiale (con enormi trasferimenti di capitali verso il cosiddetto “Terzo Mondo”, il cui indebitamento nei confronti dei paesi imperialisti crebbe a dismisura).

    Le economie dei paesi Ocse subirono una seconda battuta d’arresto nel '80-’81 a causa di un nuovo aumento del prezzo del petrolio, reclamato dalle borghesie nazionali dell’Opec per contrastare la contrazione delle loro economie, nel quadro di una nuova flessione dell’economia USA manifestatasi già all’inizio del ’79. A metà del 1982 iniziò una fase di ripresa, sostenuta dalla riorganizzazione del sistema finanziario e del circuito internazionale delle Borse, che vide nel 1987 il sorpasso di Tokio su New York come centro finanziario mondiale (soprattutto per i capitali d’investimento all’estero), e che culminò con il crollo della borsa di New York nell’ottobre dello stesso anno (conseguente alla “bolla speculativa”, ovvero alla sopravalutazione fittizia delle azioni delle aziende quotate rispetto alla loro effettiva capacità di generare profitti nel ciclo produttivo).

    Dall’inizio degli anni ’90 l’economia europea ha marciato a passo ridotto, mentre la disoccupazione – già accresciuta negli anni ’80 diventava “strutturale” (ossia un fatto permanente). In quegli anni l’economia giapponese ha conosciuto il peggior decennio degli ultimi 50 anni ed il sistema bancario è entrato in crisi, proprio per essersi sbilanciato troppo con investimenti a rischio nei paesi dei Sud-Est asiatico, in cerca di sbocchi per l’enorme massa di capitali amministrati.

    Negli U.S.A. subito dopo la prima guerra del Golfo (1991) è iniziata una fase di relativa crescita dell’economia basata sulla comprensione dei salari, l’aumento dell’orario di lavoro e la riduzione dello “stato sociale”(6). Nel 1997 si è verificata la crisi finanziaria del Sud-Est asiatico (promossa dal ritiro dei capitali giapponesi a seguito della svalutazione dello yen rispetto al dollaro) a cui sono succedute nel 1998 le crisi finanziarie della Russia e del Brasile; a esse ha fatto seguito nel 1999 la guerra della Nato nei Balcani, che permise agli U.S.A. – attraverso le commesse militari – di contrastare temporaneamente il rallentamento dell’economia che si preannunciava.

    Tutte questi fatti sono legati fra di loro da un unico filo conduttore nel senso che sotto i successivi cicli di crisi citati c’è un unico stesso “meccanismo generatore”.
    Giorgio
    L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, e poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)

  6. #6
    resta il fatto che il capitalismo è il meno peggio fra quel che si può scegliere. E' vero che ci sono sempre state crisi. Ma è anche vero che dagli errori si è imparato. Una crisi come quella del '29 non si è più ripetuta. Poi magari ne sta per arrivare una peggiore, ma non avrà comunque gli stessi connotati e le stesse motivazioni.

    Poi, non dico certo che è un sistema perfetto. Anzi... semmai è ampiamente migliorabile. Il che è di buon auspicio per tutti, soprattutto se pensiamo che dalla sua introduzione il numero di persone benestanti e la qualità di vita generale nei paesi ove è applicato (più o meno bene) è rispettivamente aumentato e migliorata.

    Ripeto il mio modo di vedere la cosa: il problema fondamentale oggi non è legato alla filosofia sociale (capitalismo), bensì alla decadenza delle coscienze, della morale e dell'onestà...
    «Nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto» - Michael Jordan

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  7. #7
    Se vi va bene così non cambiate.
    Ciao
    Giorgio
    L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, e poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)

  8. #8
    Utente di HTML.it L'avatar di Nkosi
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    a parte il pippotto economico del quale alla fine non ho capito quale sia il "meccanismo generatore", veramente non capisco perché una scuola ben finanziata possa andare a favore dei soli capitalisti. Una facoltà di scienze politiche ben funzionante che metta in risalto le contraddizioni del modello capitalista e possibili alternative, una di filosofia che ci racconti bene che le aspirazioni dell'uomo non sono solo economiche o una di economia che spieghi dove il capitalismo ha sbagliato non servono ai poveracci per uscire dalla loro condizione? Se la scuola è pubblica può anche farlo. Se il modello è quello della scuola che vive solo con i finanziamenti privati allora ok, ha ragione giorgio. Una scuola ben finanziata dalle sole aziende diventa utile al solo capitalismo. Ma è anche per evitare una università dipendente dalle aziende che gli studenti sono in piazza ora.
    Quindi mi chiedo, qual è il senso di questo tread?
    - Uccise tremila astronavi spaziali poi fu ucciso da una Lambretta sui viali.
    - No MP tecnici tanto non saprei che cazzo dirvi
    - ... fulgido esempio di intenti

  9. #9
    Originariamente inviato da Nkosi
    a parte il pippotto economico del quale alla fine non ho capito quale sia il "meccanismo generatore", veramente non capisco perché una scuola ben finanziata possa andare a favore dei soli capitalisti. Una facoltà di scienze politiche ben funzionante che metta in risalto le contraddizioni del modello capitalista e possibili alternative, una di filosofia che ci racconti bene che le aspirazioni dell'uomo non sono solo economiche o una di economia che spieghi dove il capitalismo ha sbagliato non servono ai poveracci per uscire dalla loro condizione? Se la scuola è pubblica può anche farlo. Se il modello è quello della scuola che vive solo con i finanziamenti privati allora ok, ha ragione giorgio. Una scuola ben finanziata dalle sole aziende diventa utile al solo capitalismo. Ma è anche per evitare una università dipendente dalle aziende che gli studenti sono in piazza ora.
    Quindi mi chiedo, qual è il senso di questo tread?
    Io ho detto che una scuola funzionante serve soprattutto ai capitalisti, ma anche alla gente qualunque.
    Per fati un esempio, l'economia tedesca in questi mesi è in discreta accelerazione. L'industria e il commercio tedeschi hanno dovuto inserire nell'apprendistato 327 mila studenti delle scuole professionali. E' solo lo 0,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2009, ma il numero dei licenziati dalle scuole dell'obbligo quest'anno è calato del 3% a causa del calo demografico. Il capo delle Camere di industria e commercio tedesche, Hans Heidricht Drifmann ha dichiarato alla Build: "Il mercato della formazione ha fatto quasi il tutto esaurito. Le aziende stanno dando in questo momento un'opportunità anche agli studenti mediocri a ai candidati più anziani per prevenire una mancanza di manodopera".
    Giorgio
    L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, e poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)

  10. #10
    Originariamente inviato da giorgiogio48
    Se vi va bene così non cambiate.
    Ciao
    e chi ha detto che va bene così?
    Fra cambiare per migliorare, e fare la rivoluzione - però - c'è una bella differenza.

    Io sono più per la prima opzione.
    «Nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto» - Michael Jordan

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