"Sono stata a Austurvöllur di fronte al parlamento vari sabati e ho protestato con molta pace, forza e allegria con molti amici. E’ stato fantastico!!! Ha aiutato ad aprire il futuro a molte persone e ha
fatto sentire loro che possono fare qualcosa... che possono fare qualcosa per la loro vita!" Così sintetizza la sua esperienza,
Helga R Óskarsdóttir, volontaria umanista e parte attiva nella Rivoluzione Islandese.
Sì perchè
l’Islanda è in piena rivoluzione; e lo è già
da due anni.
Il Paese, che per primo in Europa ha avuto la Democrazia al
governo (
già dal 930), ha negli ultimi due anni fatto dimettere l’intero Governo,
nazionalizzato le principali banche,
deciso di non pagare il debito che queste avevano creato e indetto un’assemblea popolare per riscrivere la Costituzione.
Tutto nasce alla fine del 2008, quando la crisi finanziaria mette in ginocchio la principale banca islandese,
Landsbanki e la sua sussidiaria,
IceSave, creando un buco di 3 miliardi e 700 milioni dieuro, dovuto a prestiti non oculati fatti dalla banca a clienti soprattutto inglesi e olandesi.
Il Governo islandese decide allora di nazionalizzare la banca e di chiedere un finanziamento al FMI, pur di salvarla.Iniziano le prime proteste da parte della popolazione che porteranno alla caduta del Governo.Il nuovo Governo (eletto il 23 Gennaio 2009), vara poi una legge che propone la
restituzione del debito a Gran Bretagna e Olanda mediante il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro, somma che
pagheranno tutte le famiglie islandesi mensilmente per i prossimi 15 anni al 5,5% di interesse.
La gente torna a riempire le piazze e chiede di sottoporre la legge a referendum. A marzo si tiene il
referendum e la vittoria del NO al pagamento del debito con il 93% dei voti.Il Governo è costretto così a iniziare una ricerca per individuare giuridicamente le responsabilità della crisi, fino ad arrivare agli arresti di diversi banchieri e di alti dirigenti.
Il movimento nonviolento, a suon di slogan e di pentole sbattute, non ha solo ottenuto questa vittoria, ma ha creato una spaccatura politica tale da essere risolvibile solo attraverso una nuova costituzione.
Anche l’Assemblea Costituente (
Icelandic Constitutional Council), indetta a Novembre 2010, ha qualcosa di molto particolare:
una forte presenza popolare e una grande interazione con la società.
Il primo step della sua convocazione è stato di quello di selezionare 25 persone che sono state scelte da un’elenco di autocandidati.
Le proposte della Costituente girano ora in
Facebook per poterne valutare l’apprezzamento e raccogliere i commenti. E’ il
crowdsourcing: “Credo che questa sia la prima volta in cui una Costituzione viene abbozzata principalmente su Internet”, ha riferito
Thorvaldur Gylfason, membro del Consiglio per la Costituzionale islandese. Basandosi su l’uso di Facebook,
Twitter,
Flickr e
Youtube, i membri del Consiglio costituzionale dialogo in diretta con i cittadini, e in streaming vengono trasmesse tutte le sedute, in diretta, sul sito web .
In questi giorni in Europa c’è chi ha cominciato a chiedersi cosa succederebbe
se questo movimento nonviolento e popolare si attivasse anche in altri Paesi europei? Se l’economia tornasse ad essere reale e non speculativa? Se la politica fosse partecipativa e non stagna al volere popolare.