Ma chi può davvero stupirsi, che la Lega venga bastonata dopo quello che è successo intorno a Bossi, e che a salvarsi sia solo il bravo Tosi a Verona, che pure due mesi fa rischiava l’espulsione?
E che il Pdl di fatto non esista più sul territorio, perché semplicemente nessuno dei suoi vertici riesce ancora a dire che la lunga epoca di Silvio Berlusconi è fi-ni-ta, e se nel Pdl resta chi dice il contrario allora bisogna semplicemente andarsene, per cercare facce e idee com-ple-ta-men-te nuove?
Il Pd naturalmente dice che lui vince e la destra perde. Per carità, i suoi resti di consensi e dirigenze territoriali hanno una resilienza incomparabilmente maggiore alla volatilità evaporata del fenomeno berlusconiano. Ma Bersani e D’Alema si illudono, se pensano di essere gli Hollande nostrani. A Genova come a Palermo oggi, come a Milano e Napoli e Cagliari ieri, vincono sindaci che hanno fatto a pezzi i candidati Pd alle primarie. E che vengono scelti e stravotati proprio per questo. E tutti indicano al vecchio partito dal nome finto-nuovo alleanze e politiche diverse da quelle sin qui praticate e dichiarate da Bersani, analoghe a quelle della sinistra antagonista che ha fatto perdere 30 punti al Pasok in Grecia.
Il successo del movimento cinque stelle nasce di qui. Per conto mio non è solo più che comprensibile, ma anche benedetto. E’ l’unico – insieme ai radicali – che sul contributo pubblico ai partiti pratica un coerentissimo rifiuto e restituisce i soldi allo Stato. Il trio A-B-C è riuscito a non capire neanche che la vicenda Lusi e quella Belsito, mentre gli italiani sono in ginocchio per le pretese dello Stato, imponevano una drastica legittimazione morale e la rinuncia di almeno metà del contributo, visto che in 18 anni le cifre rendicontate sono di poco superiori a un quarto dei miliardi incassati.
Naturalmente, sono ragionevolmente certo che centrodestra e centrosinistra non tireranno affatto dal voto le conseguenze che sembrano inevitabili a me. Strattoneranno invece il governo Monti, facendo ballare ancor di più l’Italia mentre l’Europa impazzirà nel forte rischio che la Grecia esca dall’euro e i francesi respingano il fiscal compact, le banche spagnole esplodano e l’Italia a ruota. Nel Pdl i coraggiosi non abbondano, e troppi s’illudono di esser comunque salvati dalla scelta di chi considerano ancora leader, cioè Berlusconi. Il Pd dirà pensosamente che l’Italia e l’Europa vanno finalmente a sinistra, mentre invece il serio rischio è che entrambe vadano a ramengo. E brinderà naturalmente alla fine dell’età neoliberista, che in Italia non è sem-pli-ce-men-te mai esistita, visto che destra e sinistra hanno entrambe alzato spesa e tasse. Non abbiamo mai avuto né un Blair a sinistra né un Cameron a destra, in questo Paese.
Solo se Grillo andrà ancor più su nei sondaggi nazionali, forse qualcuno uscirà dal vecchio schema dei 18 anni alle nostre spalle. Altrimenti, ne sarà fatta giustizia elettorale dal basso, qualunque sia la data delle prossime politiche. Alle quali bisogna andare non con una legge proporzionale, ma semplicemente con partiti e alleanze diverse.