Toscana, a cosa serve la cannabis terapeutica
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I cannabinoidi agiscono sul dolore riducendo le infiammazioni ( in una maniera più efficace dell’aspirina secondo alcuni studi) e abbassando la sensibilità al dolore, ma i loro benefici non si limitano alle proprietà analgesiche. La recente legalizzazione della cannabis a scopo medico è infatti accompagnata da numerosi studi scientifici che ne hanno evidenziato le numerose applicazioni terapeutiche: si va dal trattamento di nausea, vomito e sindrome premestruale al quello contro le perdite di appetito, l'asma, e il glaucoma. La marijuana aiuterebbe ad alleviare i sintomi della sclerosi multipla e delle lesioni al midollo spinale, oltre che a rilassare chi soffre di dolore cronico. E poi ci sono gli effetti positivi su artrite, disordini bipolari, cancro al colon e al seno, Aids, depressione, leucemia, Corea di Huntington, tic nervosi, Alzheimer, anoressia, stress post-traumatico... La lista è lunga e la letteratura scientifica sull'argomento sterminata, ragione per cui sempre più paesi stanno poco a poco dando il via a trial clinici o approvando l' uso medicinale della pianta. Tuttavia, sono ancora poche le nazioni in cui è possibile comprare marijuana liberamente: in molti casi è infatti necessaria una prescrizione medica o richiedere una tessera specifica, e la coltivazione e la rivendita di proprie piante è ancora punibile per legge.
Nonostante questo, la cannabis sembra avere indiscutibili effetti sul nostro organismo. Il segreto risiederebbe nel mix di oltre 400 composti. In particolare, due sono i principi attivi che renderebbero la cannabis un'ottima soluzione come terapia contro il dolore. Si tratta del delta-8-tetraidrocannabinolo e del delta-9-tetraidrocannabinolo, che agisce sul sistema nervoso centrale, inducendo il rilassamento dei muscoli, e scatenando un' azione antinfiammatoria. Per questa sostanza non esistono controindicazioni: non esiste alcun caso di decesso a causa di intossicazione da cannabis, e la tossicità del Thc è così bassa che anche enormi quantitativi non causano effetti collaterali dannosi. Altri principi attivi (cannabinolo, cannabidiolo, cannabigerolo…) hanno effetti più pronunciati a seconda della malattia che si vuole trattare, e i medici possono consigliare diverse varietà della pianta note per avere contenuti maggiori di un dato principio attivo, in modo da concentrare la terapia su uno specifico disturbo.