Tratto da un articolo de "il sole 24 ore", guardate in che razza di fogna viviamo...
Rapporto Ernst & Young. Con 60 progetti nel 2012 e 618 posti di lavoro creati il Paese perde quota nelle iniziative dirette estere
L'Italia respinge gli investitori
Il resto d'Europa in crescita: anche Spagna e Irlanda hanno fatto meglio
IL CONFRONTO
Segnalate in aumento le iniziative promosse da imprese italiane, con circa 13mila nuovi posti creati nel 2012
Gli investimenti
La crisi europea non allontana gli investitori. Quella italiana invece sì.
Lascia il segno il rapporto 2013 della Ernst & Young, la società di consulenza e revisione contabile, sulla capacità dell'Europa di attrarre investitori. Perché se l'andamento degli investimenti diretti esteri del Vecchio continente in recessione è in calo ma resiste a livello globale e riesce comunque a creare un numero più alto di posti di lavoro rispetto al 2011, la nostra economia invece attrae molti meno progetti e genera ancora meno occupazione.
L'intero continente, in realtà, è diviso in quattro gruppi dalle dinamiche molto diverse, se confrontati al 2011. L'Italia, con i suoi 60 progetti del 2012 (dagli 80 del 2011), dimensionalmente talmente piccoli da aver creato 618 posti di lavoro (molti di più, comunque, dei 290 dell'anno precedente), è accompagnata nella sua marcia indietro annuale da Francia (con 540 interventi, però, e 10.542 posti), Olanda e Svizzera, economie che non si possono certo considerare in declino. I quattro Paesi sono stati raggruppati dalla Ernst & Young nell'insieme di quelli che «hanno spazio per migliorare»; anche se, spiega in realtà il rapporto riferendosi all'Italia, la «rinnovata instabilità politica può ostacolare ulteriori progressi».
I quattro Paesi in regresso restano lontani da quelli raccolti negli altri tre gruppi: dalle economie di grande successo ("high performers") dell'Europa occidentale, tra le quali la Ernst and Young annovera anche due paesi in gravi difficoltà come la Spagna (con i suoi 274 progetti) e l'Irlanda (123, +16%), accanto alla Finlandia e al Belgio; o dai competitors al top, Gran Bretagna (697 progetti, 30.311 posti) e Germania (624 interventi, per 12.508 posti), che continuano ad avanzare nel numero degli interventi; e persino dai Paesi dell'Europa centrale e orientale, che sono tornati al centro dell'attenzione degli investitori: la Polonia, la Repubblica Ceca, la Russia, la Turchia, la Serbia.
La dinamica particolarmente debole dell'Italia lascia il nostro Paese schiacciato alla quindicesima posizione nella classifica per numero di progetti di investimento e anche più in basso per occupazione creata. Proprio il numero di posti di lavoro generati dagli investimenti diretti esteri fa sì che il nostro Paese resti - come del resto nel 2011 - ben dietro la Macedonia (con i suoi 4.670 nuovi posti creati nel 2012), o la Bulgaria (4.379), per non parlare della Serbia (10.302) o della Turchia (10.146), rispettivamente alla sesta e settima posizione. Nessuna delle regioni urbane italiane appare quindi tra le prime dieci della classifica per numero di progetti varati, nella quale svettano la Grande Londra, l'Île-de-France attorno Parigi, la Catalogna e l'area di Madrid. Tra le singole città Milano è undicesima dopo Praga e prima di Varsavia, Stoccolma e Zurigo. Sono Londra, Parigi e Berlino a conservare la maggiore attrattiva.
Più attive sembrano le imprese italiane all'estero. Dei 3.797 progetti europei del 2012, 104 trovavano origine nel nostro Paese (dai 95 del 2011), pari al 3% del totale; hanno creato complessivamente 12.794 posti di lavoro oltre frontiera, il 7,5% dei 170.434 generati l'anno scorso. Banca Intesa in Turchia e Fiat in Serbia gli interventi di maggior peso.