Finalmente una buona notizia per chi temeva che la democrazia non fosse a rischio.
Reforms must go on, direbbe qualcuno. Al punto che "Pierfurby" Casini, per venire incontro alle necessità del suo neoalleato neoleader democratico, ha "fatto fuori" uno dei componenti della Commissione Affari Costituzionali Mario Mauro (di cui personalmente non ho alcuna stima, ma questo è irrilevante). Il problema è la famigerata riforma del senato, a cui Mario era contrario al punto da votare un ordine del giorno di Calderoli per mantenere un senato elettivo (aberrazione! al rogo!). Per la precisione erano 13 a favore e 16 contrari.
Ora che Mauro è stato fatto fuori (e che starebbe per essere sostituito da un parlamentare più "aperto" di nome Lucio Romano) sarebbero in 14 contro 15. La buona notizia la porta la Boschi: “Siamo vicini all’accordo. Mancano solo le ultime cose da verificare”. L'ultima cosa da verificare ha un nome ed un cognome: Corradino Mineo (PD), per cui già si vocifera di un'altra espulsione.
Questi i commenti di alcuni parlamentari:
http://www.polisblog.it/post/242287/...du-del-premier
Vannino Chiti (Pd) definisce questa decisione “sconcertante” precisando che: “Con la rimozione di Mauro ci si mette su una brutta strada”. Idem Sisto (FI): “Fare presto non è più importante che fare bene” e Anna Maria Bernini (FI): “Operazione che riporta agli anni più bui”. ... Mario Mauro: “E’ stata una rimozione, una purga staliniana, una imboscata fascista. Non è stata una libera decisione del gruppo ma un obbligo che muove direttamente dal premier Renzi che in pieno stile confacente ai luoghi in cui si trova ora in visita (il premier è in Cina, ndr) fa fare a distanza questa operazione di basso cabotaggio. La verità è che quello che doveva essere un governo della speranza in realtà è un soviet da quattro soldi”. ...
http://espresso.repubblica.it/palazz...mauro-1.168798
Ricreazione, cioè elezioni, finite. Si prova a tornare alle riforme. Il gong lo suona, più che il nuovo pressing di Napolitano, la decisione choc dei Popolari per l’Italia al Senato, il pezzo uddiccino dell’ex Scelta civica: dopo una riunione, hanno deciso infatti di allontanare Mario Mauro dalla commissione Affari costituzionali, sostituendolo con il capogruppo Lucio Romano, più affine alla posizione della maggioranza del gruppo.
Scelta decisamente insolita, soprattutto per le modalità (urla, polemiche, porte sbattute): se ne parlava però da settimane, da quando cioè l’ex ministro della Difesa aveva votato l’ordine del giorno Calderoli sul Senato elettivo, risultando così decisivo per l’approvazione di quel testo, nonostante fosse in contrasto con il ddl presentato dal governo (che parlava di Senato non elettivo).
Buttato fuori dalla commissione per insubordinazione, o comunque non aderenza alla linea del gruppo (“io non mi fido di te”, gli avrebbe detto Casini), Mauro sta facendo fuoco e fiamme. Accusa Renzi di aver chiesto la sua testa, e Casini di avergliela portata: “Sostituzione? Io userei altri termini: rimozione, purga staliniana, imboscata fascista”, spiega.
Al grido “Casini inquisitore, mentre Romano ha fatto il boia”, Mauro è pronto a lasciare i Popolari per l’Italia, il che metterebbe a rischio la sopravvivenza del gruppo a Palazzo Madama (i senatori dei popolari sono infatti dieci, il minimo previsto). Brutto finale, comunque, per un politico che negli ultimi tre anni, da nuova promessa del post-berlusconismo, è passato al montismo duro e puro, poi alla nomina di saggio di Napolitano (era uno dei tre politici, insieme con Quagliariello e Violante), quindi alla Difesa e infine, fino ad oggi, nel gorgo della Affari costituzionali.
Nei Palazzi, intanto, il pensiero corre al senatore Corradino Mineo: è in dissenso dalla linea del Pd, si astenne sull’odg Calderoli, e adesso è rimasto, in Affari costituzionali, il vero ago della bilancia. Butteranno fuori anche lui?
Tutto è bene quel che finisce. Bene, la fornitura di democrazia è momentaneamente sospesa, ci scusiamo per l'interruzione.