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n generale, per tutti i lavoratori, un anno di contributi equivale a un anno di lavoro, ovvero la quota di contribuzione versata corrisponde ad un anno di accredito contributivo utile per la pensione. Vale, infatti, il principio del minimale contributivo: indipendentemente dalla retribuzione, il datore di lavoro è tenuto a versare un importo minimo per la previdenza.
Per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, invece, non si tiene conto del minimale annuo, ma si versa quello che si deve, in base all’aliquota prevista. Per avere l’accredito contributivo, però, si deve superare una soglia minima stabilita dalla legge. Così, se i contributi pagati sono inferiori alla soglia, l’Inps, per un lavoratore che abbia lavorato per un anno, accrediterà meno di un anno di contributi ai fini della pensione.
Per capirci, se la soglia minima per l’accredito contributivo è 1, ma il lavoratore versa solo 0,5, per avere un anno contributivo dovrà lavorare 2 anni. Secondo i dati 2011 diffusi dall’Inps, i contribuenti fino a 39 anni, 87.098 iscritti, avevano pagato un onere contributivo pari a 273.760.082 euro, con una media contributiva di euro 3.143,13 ben al di sotto del minimo utile per l’accreditamento dell’anno contributivo che per l’anno 2011 era di 3.784,00 euro: non sufficiente, insomma, per maturare pienamente un anno contributivo.
Per raggiungere i requisiti per la pensione, quindi, i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps dovranno lavorare più anni o accontentarsi di pensioni che, essendo calcolate solo sui contributi versati, saranno decisamente più basse di quelle dei loro colleghi lavoratori dipendenti o iscritti a casse professionali.