Per capire un po’ di più quello che ci circonda a volte basterebbe un po’ di silenzio e ascoltare. Metter un freno alle paranoie, ritrovare l’umanità che appare perduta in questi tempi partendo da se stessi e da quelli a noi più prossimi. Questa potrebbe essere la morale del film per la regia di Wim Wenders e per le belle canzoni di Leonard Cohen.
Dopo l’11 settembre 2001 la vita di Paul, sergente dei marines e reduce del Vietnam, è votata completamente alla causa patriottica. Passa le sue giornate in un furgone a pattugliare le strade di Los Angeles, pronto a cogliere ogni azione sospetta, ogni individuo che lasci adito a dubbi, dimentico di avere un’esistenza da vivere. Lena è sua nipote, una ventenne cresciuta con spirito di altruismo, senza i paletti dei pregiudizi e dell’intolleranza. E’ vissuta in Africa e medio-oriente e dopo la morte della madre torna negli USA per ritrovare Paul.
E’ significativo come il titolo del film strida con i luoghi in esso rappresentati. Scenari urbani caratterizzati da povertà e emarginazione, dove la sopravvivenza di poveri e derelitti è affidata completamente alla generosità di pochi volenterosi appartenenti ad organizzazioni e missioni religiose. In quei territori estranei al benessere, in cui i sogni e le promesse americane sono disattese, in quelle strade sembra che il terrore invisibile sia acquattato e covi le proprie cellule. E’ verso i propri figli più disgraziati, verso i diseredati che si dirige la paranoia dopo il trauma indicibile delle torri gemelle. Ogni presunto indizio è messo in relazione con un possibile attacco, ogni episodio di piccola criminalità è correlato ad azioni eversive.
Lena è la figura che incarna con la sua giovane età e i suoi ideali la possibilità di ricominciare da capo, di voltare pagina e fugare le paranoie. L’auspicato rinnovamento è possibile solo da un risveglio delle coscienze, dalla rottura del circolo vizioso nel quale è entrato il paese e la civiltà tutta: tale è secondo me il senso della scena nella quale Paul, realizzato il quadro della propria ossessione, cambia canale al televisore di un’anziana costretta su un letto, sintonizzato su un discorso di Bush.
La terra dell’abbondanza, nelle scene finali del film, assume un significato positivo e ottimista: è la terra promessa, il viaggio senza alternative, da affrontare gli uni con gli altri per giungere ad una nuova realtà di pace e concordia.