fonteSapevano che avrebbero vinto. Ma non di stravincere. Così, felicemente sorpresi dai primi risultati parziali ma significativi del voto del 30 gennaio, esponenti di spicco degli sciiti iracheni rompono le promesse di moderazione annunciate in precedenza e chiedono a gran voce ciò che in cuor loro hanno sempre sperato: che la Costituzione del futuro Iraq si fondi esplicitamente sulla Sharia, la legge religiosa. «Tutti i saggi religiosi, gli imam, e la maggioranza del popolo domandano all'Assemblea nazionale che l'Islam sia nella prossima Costituzione permanente e fonte della legislazione. Occorre rifiutare qualsiasi norma contraria all'Islam», si legge in un proclama reso noto nella città santa sciita di Najaf dallo sceicco Ibrahim Ibrahimi, rappresentante del grande ayatollah Mohammed Ishaq al-Fayad, a sua volta uno dei cinque componenti della «Marja al-Taqlid» (traducibile come «Fonti dell'Emulazione»). Questo è una sorta di Consiglio supremo dei dotti, in cui siede anche Alì Al Sistani, massimo leader spirituale e ispiratore dell’Alleanza irachena unita, la lista di coalizione che si è presentata alle elezioni.
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