Il Cavalier Bellachioma è un uomo fortunato. Non solo perchè porta sfiga agli altri e fortuna a sè e ai suoi cari. Non solo perchè gli crescono i capelli a settant'anni, quando di solito, alle persone normali, cadono. Non solo per i fatturati delle sue aziende, le sole che vanno a gonfie vele mentre le altre falliscono. Ma soprattutto perchè gode di una franchigia assoluta quanto inedita per tutto ciò che dice. Se un altro politico, in qualsiasi angolo del mondo, pronunciasse una sola delle frasi che lui sforna a getto continuo, sarebbe da tempo su una panchina dei giardinetti pubblici. Lo stesso Bush, l'amico George, s'è recentemente scusato con gli elettori perchè «a volte uso espressioni non troppo felici». Lui non ci pensa neppure. Lui se ne vanta. Lui, con quella bocca, può dire ciò che vuole. Qualunque sua fesseria è accolta come un segno di simpatia e spontaneità, ed elogiata dalla corte al seguito come una benedetta rottura del «politically correct». L'altro giorno, per esempio, molto commosso dopo la visita al lager di Auschwitz, Boccuccia di Rosa ha dichiarato: «Ci tornerò con più calma e ci porterò anche i miei figli. Ho già prenotato per l'estate». Ecco: in quell'«ho già prenotato» c'è tutto l'uomo, anzi l'ometto. Che avrà mai prenotato: una suite con vista forno? E dove crede di andare, al Club Mediterranèe? Manca solo che progetti una nuova città satellite, Auschwitz2, sulla scia di Milano 2, Olbia 2 e P2. D'altra parte, come ha rivelato il sondaggista Luigi Crespi a Sabelli Fioretti, la sua battuta preferita è questa: «Gianfranco Fini ha avuto un parente morto ad Auschwitz. Com'è morto? È caduto dalla torretta...». Peccato che questa battuta sia di Daniele Luttazzi. Ecco perchè Berlusconi l'ha licenziato dalla Bulgaria: per fregargli le battute. Lui può continuare a dirle, anche in tv. Luttazzi no: è «criminoso».
Di ritorno dalla gita, il Cavalier Peluria ha raccontato la toccante esperienza ai sudditi forzisti, riuniti nel Consiglio Nazionale del Bene, frettolosamente convocato per oscurare il Congresso del Male: «Sapete, sono stato nel campo di Maastricht...». Un pietoso collaboratore si è avvicinato e gli ha sussurrato all'orecchio: «Auschwitz, Silvio: era Auschwitz...». Lui, prontamente, s'è corretto, un attimo prima di assicurare che l'Italia, grazie a Siniscalco, rispetta i parametri di Auschwitz.
Ma l'uomo - l'abbiamo detto - è fortunato, e nessuno ha infierito sull'agghiacciante serie di gaffes. D'altra parte nessuno aveva trovato strana la presenza al Giorno della Memoria di un tizio che un anno e mezzo fa dichiarò che Mussolini «non ha ucciso nessuno», anzi mandava gli oppositori «in vacanza» nelle isole; che due anni fa propose il capogruppo socialista al Parlamento europeo «per il ruolo di kapò» in una fiction sul nazismo; che ancora in queste ore corteggia insistentemente Alessandra Mussolini, alleata di vari neofascisti e neonazi, per riportarla all'Ovile delle Libertà. Pare che non ne possa fare a meno. Come pure del Partito Radicale, le cui affinità con la Mussolini sfuggono ai più. Però il Cavalier Toupè è un uomo fortunato, circondato com'è di smemorati da competizione. Nessuno ricorda quel che accadde dopo l'alleanza con i Radicali, alle elezioni del '96. Marco Pannella, al congresso del 16 luglio '96, rivelò quel che Berlusconi gli aveva promesso in cambio: soldi. Recitava il patto sottoscritto il 15 aprile: «In caso di mancato conseguimento del 4% sul piano nazionale da parte della Lista Pannella-Sgarbi, un contributo a titolo di rimborso delle spese elettorali pari a lire 1 miliardo e 200 milioni, metà delle quali da anticipare prima della data dello svolgimento delle elezioni, nonchè annualmente la somma di 1 miliardo e 800 milioni». Pannella, ingenuo, si fidò. Ma Berlusconi non pagò. E Marco lo trascinò in tribunale, chiedendo di sequestrargli 20 miliardi. Il Tribunale di Roma affidò la controversia a un collegio arbitrale. Che, il 18 dicembre, diede ragione a Pannella. «Ora - esultò Marco - Berlusconi e il Polo dovranno rispettare gli impegni e le parole, dati e traditi. E versare subito le somme promesse». Non solo il miliardo e 200 milioni di spese elettorali (già pagati da FI), ma anche «le prime tre rate scadute di 450 milioni ciascuna». Senza dimenticare il «miliardo e 800 milioni annui fino a fine legislatura». Berlusconi, non contento di non rispettare la parola data, non rispettò neppure il lodo. Così, il 5 marzo '97, ricevette a Palazzo Grazioli la visita dell'ufficiale giudiziario e di un emissario dei Club Pannella, pronti al pignoramento. Solo allora gli amministratori di Forza Italia si decisero a staccare l'assegno: 1 miliardo e 196 milioni, a saldo delle tre rate dal 1996. I pagamenti, poi, proseguiranno regolarmente. Ma nel 2001 Pannella preferì evitare il bis. Ora, è vero che nell'ultimo anno le truffe agli anziani sono raddoppiate. Ma ricascarci sarebbe troppo.
dal blog di travaglio