[supersaibal]
Originariamente inviato da il filosofo
Pascal usa l'espressione "divertissement", in senso etimologico "distrazione", "diversione" e, poi, "divertimento", per indicare quella sorta di stordimento di sé, di fuga da sé che l'uomo mette in atto, dedicandosi alle più diverse occupazioni quotidiane, il gioco, il lavoro, gli intrattenimenti sociali, per esorcizzare l'angoscia che deriverebbe dal meditare sulla sua precarietà creaturale e per distogliere la mente dalle domande essenziali dell'esistenza.
Ecco le significative parole dello stesso Pascal: "Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno risolto, per vivere felici, di non pensarci". Da qui una continua tensione non tanto per possedere, accumulare cose, ma a causa della loro perenne ricerca, senza riuscire a vivere mai il presente in tutta la sua pienezza, anzi essendo sempre abitati in modo lacerante dalla noia che svela la nostra strutturale condizione di esseri contingenti, finiti, privi di effettiva autosufficienza.
Questa continua attesa del futuro, che invece che essere preparato nel presente viene quasi battuto sul tempo, consumato voracemente ancora prima che accada, "vampirizzato", fa dire con amarezza a Pascal: "Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati dal passato e dall'avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo, è solo per prenderne lume al fine di predisporre l'avvenire. Il presente non è mai il nostro fine; il passato e il presente sono i nostri mezzi; solo l'avvenire è il nostro fine".
Ma questa continua fuga da noi stessi, da quel che siamo, dalle domande ultime che dovrebbero abitarci in tutta la loro fecondità, questa continua "distrazione" della nostra anima finisce solo per impedirci di vivere veramente.
Leggiamo ancora Pascal in quest'ultima illuminante riflessione: "Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e, preparandoci sempre ad essere felici, è inevitabile che non siamo mai tali".
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