16 bambini su 100 sono poveri. Cosa c'è di strano, vi chiederete, sono anni che conosciamo le condizioni di vita dell'infanzia nel terzo mondo. Di "strano" c'è che questi 16 bambini su 100 non si trovano in Bangladesh piuttosto che in Somalia, ma in un paese civile ed opulento del Primo Mondo. L'Italia.
Sì, a dispetto delle straordinarie condizioni di benessere tanto esaltate dal nostro governo 16 bambini italiani su 100 sono privati (cito testuale) delle risorse materiali, spirituali ed emozionali necessarie per svilupparsi e crescere. Questi dati non provengono da fonte comunista, ma dall'UNICEF che ha consegnato il rapporto sulle condizioni di vita dei bambini nelle nazioni dell'Ocse, il club dei paesi più ricchi del pianeta. Messi peggio di noi solo USA e Messico, rispettivamente con il 21.9 e 27.7 % di povertà infantile.
Leggendo questi dati, mi viene una considerazione sulla doppia sofferenza che provano questi 16 bambini che oltre a non avere le risorse necessarie, si vedono anche circondati da tanta opulenza e consumismo, prodotti e servizi cui non potranno mai accedere perché hanno avuto la sfortuna di nascere e crescere in ambienti degradati da genitori che a loro volta non hanno potuto godere del benessere derivato dal boom economico degli anni 60.
In Italia abbiamo delle sacche di povertà che vengono bellamente ignorate dalla classe politica tranne quando è ora di prendere voti, oppure quando accadono fatti di cronaca difficilmente eludibili. Allora si fanno speciali in tv, talk-show zeppi di opinionisti e politici di ogni grado e colore, tutti a dire la loro proponendo soluzioni come se piovesse ma, vacca troia, ci fosse una volta che le mettono in pratica.
Lo so è retorica, ma per l'ennesima volta ne ho le palle piene di propaganda elettorale sparata senza pensare a chi è nella merda fino al collo. Propaganda che offende due volte la dignità di queste persone. Quanto deve essere tremendo sentirsi dire che va tutto bene quando non hai i soldi per far studiare tuo figlio o per fargli anche solo un regalo una tantum.
Sono incazzato io, figuriamoci loro.