BRUXELLES - La Commissione europea ha rivisto al ribasso le stime economiche sull'Italia. L'incremento del Pil per il 2005 viene stimato dell'1,2% (dall'1,8% valutato in precedenza, per il 2005 e il 2006) e dell'1,7% l'anno successivo. Un aumento, sottolinea la Commissione, "al di sotto della media dell'eurozona". Inoltre "in assenza di misure addizionali", il rapporto deficit-pil dell'Italia salirà al 3,6% nel 2005 e al 4,6% nel 2006 sforando quindi in modo consistente il tetto del 3%. E questo perché la Commissione ha effettuato una valutazione "più prudente" di alcune misure incluse nella Finanziaria 2005, come le ulteriori spese e il taglio delle tasse. "Il finanziamento previsto di queste misure addizionali" giudica la Commissione, "è valutato insufficiente rispetto a quanto stimato ufficialmente".
Alla domanda se con un deficit/Pil stimato nel 2005 al 3,6% e al 4,6% nel 2006 la Commissione intenda chiedere all'Ecofin un 'early warning' per l'Italia per rischio di deficit eccessivo, il commissiario Ue agli Affari Economici e Monetari Joaquin Almunia ha risposto che "sarà necessario adottare provvedimenti", ma non prima della "fine delle discussioni tra Eurostat e governo italiano sulle questioni in sospeso sui dati del bilancio 2003-2004". Infatti Eurostat non ha convalidato i bilanci forniti dal governo, e le procedure di verifica sono ancora in corso. Almunia ha poi ribadito che "la situazione dell'Italia è molto difficile, con un tasso di crescita del Pil tra i più bassi e con un livello di debito pubblico tra i più elevati insieme con la Grecia".
Tuttavia, spiegano fonti del ministero dell'Economia, le previsioni Ue non tengono conto delle nuove misure in programma. Il dato delle previsioni di primavera della Commissione "è determinato in buona parte dalla minor crescita inferiore di un punto rispetto alle previsioni fatte dal governo la scorsa estate, ma anche per la sostituzione ancora incompleta delle misure una tantum". Il ministro Domenico Siniscalco, spiegano ancora le stesse fonti, interverrà sulla questione al prossimo Ecofin. In ogni caso, il governo non pensa a nuove misure una tantum: "Il governo conferma la propria politica economica, impostata sulla riduzione strutturale della spesa corrente".
Quanto al debito pubblico italiano, nel 2005 secondo le stime Ue sarà al 105,6% del Pil, lievemente inferiore rispetto al 2004, 105,8%, ma potrebbe risalire al 106,3% nel 2006. "Il rapporto debito/pil nel 2005 è atteso scendere marginalmente - si legge nel documento Ue - e aumentare nel 2006, per ritornare ai livelli del 2003". Questa la ragione principale: in base alle indicazioni del programma di stabilità aggiornato del 2004, "gli introiti della privatizzazione a circa il 2% del Pil per anno si prevede vengano interamente compensate da un aumento del debito".
Insomma, il governo italiano avrebbe sbagliato i conti secondo l'Ue. Sopravvalutati anche "la parte dei risparmi attesi dai governi locali, l'attuazione dello schema rivisto per aumentare la base fiscale dei lavoratori autonomi (studi di settore; i tagli di spesa introdotti oltre al già molto ambizioso livello del 2% di aumento nominale annuale"). Infine pesano la diversa previsione di crescita del Pil (quella del governo, recentemente rivista al ribasso, è per un aumento dell'1,5% nel 2005) e il fatto che nel 2004 il deficit/pil è risultato più alto del 2,9%.
Inoltre va tenuto conto che la "posizione di bilancio nel 2005 può essere influenzata dal rinnovo degli accordi del pubblico impiego e dal fatto che le entrate da dismissioni di proprietà immobiliari pubbliche possono essere inferiori alla stima dello 0,5% alla quale la commissione Ue è allineata".
Le previsioni Ue per l'Italia sono ottimistiche solo per quanto riguarda inflazione e occupazione. Rispetto alla prima, è prevista una media del 2% per il 2005 e dell'1,9% nel 2006. L'occupazione è destinata ad aumentare, secondo la Commissione: "Il tasso di disoccupazione si prevede che continuerà a decrescere", spiegano gli analisti di Bruxelles. Il trend, aggiungono, "riflette gli effetti positivi delle varie tappe della riforme del mercato del lavoro varate a partire dagli anni '90".
http://www.repubblica.it/2005/c/sezi...vestimeue.html
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