Italia/G8: si apre il processo per il raid alla Diaz
Mercoledì 6 aprile, a quasi quattro anni dalle operazioni di polizia che caratterizzarono lo svolgimento della riunione del G8 del 2001 a Genova e le manifestazioni ad esso collegate, 28 funzionari di polizia – alcuni dei quali di alto grado – compariranno in giudizio. Il processo riguarda il raid notturno compiuto dalle forze dell’ordine nei locali di una scuola utilizzata come dormitorio per i manifestanti e segreteria del Genoa Social Forum. Le accuse contro gi imputati comprendono l’abuso di autorità, la fabbricazione di prove false e gravi lesioni fisiche.
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Le 93 persone arrestate nel corso del raid all’interno della scuola dichiararono di non aver opposto resistenza, come invece sostenuto dalla polizia, e di essere state sottoposte a percosse deliberate e gratuite. Almeno 82 di esse vennero ferite; 31 furono trasferiate in ospedale, in tre casi in condizioni critiche. Alcuni di essi ricevono cure mediche ancora oggi. Gli arrestati furono accusati non solo di resistenza a pubblico ufficiale ma anche di furto, detenzione di armi e appartenenza a un’organizzazione criminale dedita al saccheggio e alla distruzione della proprietà. Nel febbraio 2004, al termine delle indagini, tutti i procedimenti furono chiusi per mancanza di prove .
Sono solo 28 i funzionari di polizia sottoposti a processo : decine di agenti che parteciparono al raid e che si ritiene avessero preso parte alle aggressioni fisiche, non hanno potuto essere individuati poiché i loro volti erano pesantemente travisati da maschere, sciarpe o caschi e non portavano targhe identificative recanti nomi o numeri di matricola.
Amnesty International ha ripetutamente sollecitato l’Italia a recepire il Codice di etica della polizia, adottato dal Consiglio d’Europa nel settembre 2001, e ad assicurare che i suoi pubblici ufficiali siano obbligati a mostrare in maniera evidente alcune forme di identificazione individuale, come un numero di matricola, al fine di evitare il ripetersi di situazioni d’impunità.
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Nel luglio 2001, data la deprecabile assenza in Italia di un’istituzione nazionale indipendente sui diritti umani o di un organismo indipendente competente a ricevere denunce nei confronti della polizia e ad accertarne le eventuali responsabilità, Amnesty International aveva chiesto l’immediata costituzione di una commissione d’inchiesta, pubblica e indipendente, sull’operato della polizia durante il G8 indicando alcuni criteri idonei a dare efficacia a tale organismo. Da allora non è stato creato alcun organismo del genere , ma la sua necessità permane ancora oggi; esso potrebbe costituire la base per la creazione di un meccanismo permanente e indipendente di controllo, col mandato di prendere in esame tutti gli aspetti delle operazioni di polizia.
L’importanza della volontà politica di contrastare l’impunità della polizia non può essere minimizzata. Amnesty International richiama le chiare indicazioni che il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha diffuso l’anno scorso a tutti gli Stati membri “(…) Nessuno deve essere lasciato nel dubbio che le autorità dello Stato non intendano combattere l’impunità. Questo [impegno] rafforzerà le azioni intraprese a ogni altro livello. Quando necessario, le autorità non dovranno esitare a trasmettere, mediante un messaggio formale ai più alti livelli politici, il chiaro segnale che ci dovrà essere tolleranza zero nei confronti della tortura e di altre forme di maltrattamento”.
Amnesty International deplora che a diciassette anni dalla ratifica della Convenzione dell’Onu contro la tortura e nonostante ripetuti solleciti da parte di organismi intergovernativi – tra cui il Comitato dell’Onu contro la tortura e il Comitato sui diritti umani – l’Italia non abbia ancora introdotto nel codice penale il reato di tortura, così come previsto nella Convenzione dell’Onu contro la tortura.
il comunicato completo lo trovate qui:
http://library.amnesty.it/it_news.ns...256FD90045A626