dietro la chiesa, anche leggermente in discesa, strappato alla collina, il fazzoletto di campo neanche troppo ben rettangolare
nello spogliatoio eravamo più o meno uguali, ma in campo loro erano i campioni, io un terzinaccio, pochi calci al pallone, molti agli stinchi degli attaccanti, quello che poeticamente si chiamava uno scarpognaro
però, che invidia per quelli ambidestri, che palleggiavano bene, che con tocco, magari una mezza rovesciata, facevano gol
anche le ragazzine, al sera, dopo la pizza tutti assieme, erano per loro, quelli che sapevano giocare
così quella volta, con la palla miracolosamente al posto giusto, finalmente una bella discesa sulla fascia, e anche, santo cielo, un tiro
fuori, naturalmente, e pallone perduto nel bosco, e quelli bravi che ti guardano come dire: lascia giocare noi, cazzo!
papà, tu giocavi al calcio?
più o meno, anzi, direi meno
imparare a non essere un campione aiuta, perchè da grande sei meno illuso, ma un pò di gloria non guasta
mai sentito uno dire che da giovane era uno scarpognaro