Le passeggiate al Campo di Marte
(Francia, 2005)
Siamo alla metà degli anni novanta: il vecchio Francois Mitterand, presidente della Repubblica Francese, “l’ultimo grande presidente” come egli stesso si considera, è giunto al capolinea della sua vita e dei suoi 14 anni di presidenza, alla conclusione della quale mancano ormai pochi mesi.
Arrivato alla soglia degli ottant’anni, è ormai un vecchio stanco, malato, attaccato dagli avversari politici, divorato dal cancro e dalla tragica consapevolezza che la morte, ormai vicina, spazzerà via non solo cinquant’anni di vita politica, di passioni, di ideali, ma anche i privilegi del potere, la sua vasta cultura, i ricordi e gli affetti personali.
L’umano desiderio di sopravvivere al tempo e al destino del suo corpo mortale, lo spinge a confidare le sue memorie ad un giovane giornalista, Antoine Moreau. Assieme al suo biografo, l’anziano Mitterand trascorre lunghe ore negli appartamenti presidenziali, in vari luoghi di Francia e in lunghe passeggiate parigine, ore nelle quali si racconta come uomo pubblico, ma sempre inframmezzando le discussioni di citazioni colte, di anneddoti intimi e cenni della sua sfera privata, e ricordandosi, ora con amara ironia, ora con allegro sarcasmo, del suo sempre più vicino appuntamento con la morte.
Non racconterà tutto, il vecchio Francois, rifiuterà sempre di chiarire i suoi rapporti con il collaborazionista Bousquet, responsabile della deportazione degli ebrei francesi, glisserà su una data e su una foto, dirà che sono insinuazioni ingiuste, infami, ma lo fa anche il film, che non ha l’obbiettivo di accusarlo, né di gettare ombre sul suo passato. Sono alcuni personaggi di contorno
quelli che lo assolvono, più di quanto faccia il giovane Antoine ” Il presidente è vecchio, è stanco, ha fatto molto per la Francia, perché tormentarlo?”
Già, perché? Perché non guardare invece alla sua grandezza di uomo politico e contemporaneamente alla sua fragilità umana, come in una delle più belle scene del film, nell’amara constatazione che tra il suo volto pallido e segnato e quelli altrettanto consumati di una folla di vecchi operai non c’è differenza, c’è solo la fatica di una vita vissuta e la drammatica constatazione dell’uguaglianza sociale di tutti gli uomini di fronte alle disillusioni della vita e all’ineluttabilità della morte.
E perché contemporaneamente non guardare anche alla fragilità umana dell’altra vita, quella del giovane Antoine, di cui ci vengono presentati qua e là alcuni sprazzi, come a creare un parallelo di umanità tra la sua vita e quella dell’anziano presidente, tra un passato che scompare e il presente che ne dovrà raccogliere la memoria per chi verrà poi, in quello che sarà futuro.
Mi è proprio piaciuto questo film diretto da Robert Guédiguian: a modo suo è un piccolo capolavoro: è un film bello, coinvolgente, profondo, costruito su un soggetto molto difficile da rendere con efficacia su uno schermo.
Eppure ci riesce, si rimane incollati ed attenti, e credo gran parte del merito vada alla monumentale, splendida e commovente interpretazione dell’anziano attore francese Michel Bouquet, che impersona il vecchio presidente con sorprendente somiglianza fisica e gestuale, consegnandocene intatte la grandezza e l’ambiguità date dal potere, ma anche l’umanità, la sofferenza, la disillusione, l’ironia e l’amore per la sua terra di Francia.
Coloro che apprezzano il buon cinema, e in questo forum ce ne sono, cerchino di non perderlo…
Trama:****
Cast:****
Regia:****
Musica:**
Globale: ****