Era il 26 aprile del 1986, all'una e ventiquattro di quella notte un evento disastroso, definito come la più grande catastrofe tecnologica dell'era moderna, entrò nella storia segnando la vita di milioni di persone. Quella notte esplose il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl. L'esplosione sprigionò nell'aria tonnellate di polvere radioattiva che trasportata dal vento contaminò entrambi gli emisferi del nostro pianeta, depositandosi dove il caso ha voluto che piovesse. Fu investita quasi tutta l'Europa: sulla base dei rilevamenti venne registrato un alto livello di radioattività il 29 aprile 1986 in Polonia, Germania, Austria, Romania, Finlandia e Svezia, il 30 aprile in Svizzera e Italia settentrionale, il 2 maggio in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Grecia, il 3 maggio in Israele, Kuwait e Turchia. La dispersione delle sostanze radioattive fu globale: il 2 maggio vennero registrate in Giappone, il 4 maggio in Cina, il 5 maggio in India, il 6 maggio negli Stati Uniti ed in Canada. In meno di dieci giorni Chernobyl diventò un problema per il mondo intero. Lo stato più colpito fu la Bielorussia con il 30% del territorio reso inutilizzabile per secoli. È stato calcolato che le zone contaminate, 260mila chilometri quadrati di terra, (quasi quanto la superficie dell'Italia) ritorneranno ai livelli normali di radioattività solamente tra diecimila anni. Sono passati quasi vent'anni, ne mancano solo novemilanovecentoottanta.
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