MILANO - La pari opportunità sul luogo di lavoro resta ancora un sogno per le donne italiane. Le nostre connazionali restano infatti tra le più discriminate del mondo, rispetto agli uomini, nella partecipazione al lavoro e nella vita sociale. Meglio sono addirittura le donne dello Zimbabwe, le thailandesi e le sudafricane, mentre ci superano in peggio la Grecia, l'India, la Turchia e l'Egitto. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato del World Economic Forum che ha elaborato lo «Gender gap index» (indice delle differenze uomo-donna) da cui, senza alcuna sorpresa, spiccano in cima alla classifica le donne del Nord Europa: le svedesi al primo posto (con un indice del 5,53 in una scala da 1 a 7), seguite da norvegesi, islandesi, danesi e finladesi.
Operaia al lavoro (Emblema)
Le italiane, con un indice di 3,50 punti, arrivano solo in 45esima posizione all'interno di una classifica di 58 Paesi che vede ultimi in assoluto Pakistan, Turchia e Egitto.
Il rapporto, a firma del capo economista del World economic forum, Augusto Lopez-Claros, prende in considerazione cinque criteri: la partecipazione economica e la parità di remunerazione tra i due sessi; le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro; la rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; l'accesso all'educazione; infine l'assistenza alla salute e alla maternità. L'Italia detiene il primato negativo per partecipazione e opportunità economiche (51 esimo e 49 esimo posto), si colloca al 48esimo posto per presenze femminili al potere e al 41 esimo per accesso all'educazione. Punti di forza restano però la tutela della salute e maternità: qui il Paese delle «mamme» si impenna verso la cima della classifica con l'11 esimo posto.
Laconico il commento del Wef: «come prevedibile in Paesi con una cultura notoriamente patriarcale, Italia e Grecia hanno una performance scadente nella partecipazione e nelle opportunità economiche». Tra i Paesi del G7, la palma va al Canada (settimo nella graduatoria globale) davanti a Gran Bretagna e Germania. La Francia è 13esima, gli Stati Uniti 17esimi e il Giappone 38esimo. Indietro nella classifica anche la Svizzera (34esima), dietro alla Cina. In fondo alla graduatoria, davanti all'Egitto si trovano Turchia, Pakistan e Giordania. «Nessun Paese è riuscito ad eliminare la discriminazione tra i sessi, tuttavia i paesi nordici sono riusciti a ridurre il gap e a dare un modello realizzabile al resto del mondo», sottolinea il Wef.
Il rapporto non manca di sottolineare, quanto all'accesso sul mercato del lavoro, che spesso le donne in posizioni manageriali devono fare una difficile scelta tra carriera e famiglia. Negli Usa, ad esempio, il 49% delle donne con posizioni ai vertici non ha figli contro il 19% dei loro colleghi maschi. Il Wef, infine, rileva la correlazione esistente tra discriminazione e competitività nel senso che i Paesi più competitivi tendono ad avere il minore «gender gap» e viceversa. «La correlazione non implica necessariamente la causalità, ma - conclude lo studio - questi paragoni forniscono un'indicazione preliminare del legame tra le pari opportunità per le donne e il potenziale di crescita di lungo termine di un paese».