Non ne ha parlato nessuno, se non il corriere in un suo articolo del 12 Maggio. In rete esiste solo lo stesso articolo riportato dal sito www.marionegri.it , istituto di ricerca farmacologica col quale l'autore dell'articolo collabora,e nient'altro.
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E la penicillina va in pensione
Ultima redazione: 12 maggio 2005
Corriere della Sera - 12/5/2005
Da qualche giorno, in Italia, niente più penicillina. Con una lettera (mandata ai medici degli Ospedali e, credo, anche agli altri) così: “Penicillina G Sodica: sospensione della Produzione. Con la presente, si rende nota la rinuncia alla commercializzazione del medicinale in oggetto da parte dell’unica ditta produttrice”. Non una parola di più, salvo la raccomandazione di “diffondere la presente informazione a tutto il personale interessato”.
Sono passati ottant’anni precisi da quando Alexander Fleming, a Londra, si rigirava tra le mani delle piastre, quelle dove normalmente i microbiologi fanno crescere i batteri. Non sapeva nemmeno lui se tenerle o buttarle, parevano contaminate da muffe. Dove c’era la muffa i batteri non crescevano. Chissà, forse la muffa conteneva qualcosa capace di uccidere i batteri. Era proprio così. Ma la strada per scoprire la penicillina era ancora lunga e difficile. Fleming lavorò con Howard Florey che allora stava all’università di Oxford e poi con Ernst Boris Chain, un biochimico ebreo scappato dalla Germania, appena prima della guerra. E’ stata una delle scoperte più importanti, forse la più importante, della medicina moderna (nel 1945 tutti e tre ebbero il Nobel). Di antibiotici, dopo, ne sono stati fatti tantissimi e ne vengono fatti sempre di nuovi. Ma i batteri si stanno organizzando, cambiano le loro caratteristiche man mano che i ricercatori trovano nuove molecole, e si passano l’un l’altro le informazioni per “resistere” (agli antibiotici). E così nascono nuovi batteri, capaci di resistere a tanti antibiotici diversi, qualcuno addirittura a tutti. Sono ‘superbugs’, superbatteri. E’ preoccupante. I germi resistenti si diffondono anche per il cattivo uso degli antibiotici. Cosa fare? Ci vogliono nuovi farmaci, certo - e in questo l’industria farmaceutica ha saputo fare cose straordinarie - ma intanto bisogna usare con grande garbo quelli che abbiamo, e solo quando c’è un indicazione precisa. Non per il mal di gola dei bambini, per esempio, che quasi sempre ha una causa virale (contro i virus gli antibiotici non fanno niente). L’ho letta e riletta la lettera del mio Ospedale, ho pensato che fosse uno scherzo. Invece è vero. “Ma – dirà qualcuno - non ci sono tanti altri antibiotici ?” Sì. Ma la penicillina serve ancora e per malattie gravissime. La fascite necrotizzante per esempio (una malattia rara, ma qualche volta mortale, il primo a descriverla fu Ippocrate, 5 secoli prima di Cristo), crea una necrosi dei tessuti molli, può colpire dappertutto. Con la penicillina G si cura anche l’endocardite batterica (è un’infezione delle valvole del cuore se non si cura bene e in fretta, si muore) il farmaco giusto è la penicillina. C’è un’altra malattia, rara anche questa, ha il nome di chi l’ha descritta per primo, Andre Lemierre. Si ammalano soprattutto gli adolescenti e i bambini, incomincia come una faringite, di quelle però che non guariscono bene. La febbre dura giorni e giorni poi dolore al collo, che tante volte si gonfia, dopo vengono i dolori alle articolazioni. Chi ne ha vista una la diagnosi non la sbaglia. Ma tante volte i medici arrivano tardi. Allora sono guai. Per fortuna c’è (è il caso di dire c’era) la penicillina. Anche la sifilide si cura con la penicillina. La penicillina ha contribuito a debellarla, oggi sta ritornando insieme al virus dell’HIV, nei paesi poveri, ma anche da noi. Certe volte invade il cervello. Ci sono alternative? Forse. Ma nessuno finora l’ha dimostrato davvero. Ma se la penicillina è ancora così preziosa perché toglierla dal commercio? Perché costa troppo poco e a chi la vende non conviene più. Se un farmaco non rende abbastanza, non c’è margine per la pubblicità. Molto meglio convincere i medici a prescrivere antibiotici più nuovi, su cui l’industria ha importanti guadagni e quanto più c’è margine tanto più c’è la possibilità di indurre i medici a prescriverli. Lo si fa in tanti modi. L’industria ha a disposizione migliaia di collaboratori (un medico di medicina generale in Italia ha ogni anno 350 visite da parte di collaboratori di un centinaio di industrie). Si danno campioni gratuiti. Nel 2001 la grande industria multinazionale ha speso undici miliardi di dollari solo negli Stati Uniti di campioni gratuiti (che non sono affatto gratuiti, s’intende, il costo dei campioni lo si aggiunge al prezzo del farmaco che si vende). Per la penicillina no, non vale la pena. “Con la presente, si rende nota la rinuncia alla commercializzazione del medicinale in oggetto da parte dell’unica ditta produttrice”. Neanche due righe, per un delitto.
Giuseppe Remuzzi
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che dicono gli esperti del settore?
Dopotutto molti antibiotici odierni sono basati su composti della penicillina...
ma è davvero finito il tempo dei punturoni dolorosi?