"Live 8: io c'ero". E ci si sente tutti buonissimi per un giorno. Si sono tacitate le coscienze e visto un concertone gratuito. Le rockstar, questi principi moderni, si sono lanciati in appelli e slogan sperticati. Piero Pelù con la maglietta:"Pietà. Non Basta.", Jovanotti che "non vogliamo la carità, vogliamo giustizia". Tutto giusto in superficie, peccato che il problema sia profondo. Ma è la qualità intrinseca del movimento nato negli anni '60, con il suo idealismo connotato da qualche accordo in croce, potente cassa di risonanza, ma che sconta la propria natura dirompente e senza sottilizzazioni.
E sì, perché il problema dell'Africa non è quello del debito, anzi. Esattamente il contrario. Più i paesi ricchi prestano soldi al continente nero, più esso piomba nella miseria più nera, pagando la cronica povertà a causa dell'egoismo occidentale. Dai '60 ad oggi sono stati spesi 500 mila miliardi di dollari per l'Africa, la maggior parte dei quali hanno finanziato colpi di stato e genocidi.
Il live aid dell'86 raccolse 1600 miliardi che vennero destinati all'Etiopia attraverso l'ong oxfam e che andarono a finanziare la ribellione in corso nel nord della regione. Tanto buone intenzioni, ma non basta. D'altronde è meglio fare beneficienza e non colpire al cuore il problema: quello dei sussidi e dei dazi di cui godono i nostri prodotti agricoli. La banca mondiale sostiene che eliminandoli, il pil africano crescerebbe in poco tempo di 100 mila miliardi di dollari. Ma è meglio fare beneficienza. Noi ci meritiamo i Bono Vox e i Bob Geldof che fanno i filantropi, ma l'Africa ha bisogno d'altro, sicuramente non la loro ipocrita compassione.