Leva ko, 12 milioni di ragazzi schedati
Il Pentagono viola la privacy per far fronte alla mancanza di uomini nell'esercito
FILIPPO CAVALLARO
All'esercito Usa non basta più il classico motto «I want you» per fare proseliti. Il vecchio zio Sam sta per essere surclassato da più moderne e accurate strategie pubblicitarie. È di qualche giorno fa, infatti, la denuncia dei «privacy advocates» apparsa sul Washington post: il Pentagono è in possesso di un database con nomi, date di nascita, recapiti, etnia, voti scolastici e numeri della sicurezza sociale di dodici milioni di ragazzini di età compresa tra 16 e 18 anni. L'imponente massa di dati è stata affidata a una società di marketing allo scopo di identificare e contattare giovani prede appetibili per l'esercito. Così, dopo la rivolta delle mamme americane contro l'aggressività dei reclutatori inviati dal Pentagono all'uscita delle scuole, ora sono le associazioni per la tutela della privacy a ribellarsi e a fare appello alla «violazione del Privacy Act», la legge che limita la raccolta di dati personali dei cittadini da parte dello Stato. L'iniziativa del Pentagono - resa pubblica nei giorni scorsi - è stata avviata nel 2003. Tra le fonti, il «Selective service system» dell'esercito e le informazioni in possesso degli agenti commerciali. I dati raccolti verranno ora affidati alla «BeNow Inc.», società del Massachusetts abituata a elaborare liste di «potenziali» acquirenti di prodotti commerciali basandosi su profili e abitudini dei consumatori, che restituirà al Pentagono un elenco dal quale «estrarre» i nominativi degli studenti considerati più propensi alla scelta militare. Chi avrà i requisiti giusti verrà contattato dal ministero della Difesa per una nuova missione. E sarebbero dodici milioni - secondo i dati forniti dallo stesso Dipartimento - gli studenti attualmente schedati su file. Le associazioni per la tutela della privacy sono scese in campo per opporsi all'intrusione del Pentagono nella vita privata dei ragazzi: «affidare i dati a una società privata - si legge sul Washington post - è un modo per aggirare le leggi che limitano il diritto del governo a raccogliere e conservare informazioni personali riguardanti i cittadini», un modo per violare lo spirito del Privacy Act. Al governo, in particolare, vengono mosse due accuse: non essersi rivolto direttamente ai ragazzi per ottenere le informazioni e aver nascosto - per ben due anni - l'intera operazione. Ma il Pentagono si difende: la schedatura dei ragazzi è indispensabile per mantenere le forze armate su base volontaria. C'è di più. Chiunque - sempre a detta della Difesa - può in ogni momento chiedere di essere estromesso dal database e trasferito nella «suppression list», l'elenco di coloro che non vogliono essere disturbati dallo Stato. «Nulla di sinistro», insomma, ma solo «la necessità - come ha affermato il sottosegretario David Chu - di avere a disposizione dati il più possibile accurati». «Il programma è importante - ha aggiunto Ellen Krenke, portavoce del Pentagono - perché aiuta i reclutatori a selezionare in modo efficace i candidati più qualificati per specifiche missioni». Ma la polemica non si placa. Secondo James Harper - esperto di privacy del «Cato instiuite» - le schede elaborate conterrebbero dati assolutamente irrilevanti rispetto alle esigenze di Pentagono. Dal numero della polizza di sicurezza sociale ai voti scolastici, per non parlare dell'etnia. Più che alla necessità di un esercito qualificato, l'intera operazione sembra piuttosto mirata al «rastrellamento» di almeno seimila uomini attualmente mancanti. Inutile nasconderlo: le immagini di morte che provengono ogni giorno dall'Iraq e le quasi duemila bare rientrate negli Stati uniti hanno sicuramente inibito lo spirito patriottico degli americani.