Da “L´esperanto in Emilia-Romagna” di Luigi Tadolini.
Riferirò questa vicenda così come l´ho sentita narrare, con profonda emozione, dal protagonista, socio del Gruppo esperantista modenese. Ecco, dunque, la Storia di Attilio Giovannini, soldato italiano in Jugoslavia, nei primi anni della seconda guerra mondiale, autista del 54. gruppo di artiglieria del Corpo d´armata: “(…) Arrivati presso la stazione di Plavno, dovemmo aspettare un treno dalla parte di Zemagna (…) . Approfittati della sosta forzata (…). Conoscevo la zona per averla attraversata varie volte e sapevo che la gente era ospitale. Quel giorno però mi imbattei in un gruppo di partigiani ben decisi ad uccidermi. La situazione critica richiedeva tutta la mia presenza di spirito: così, facendomi coraggio, presi a parlar loro e in quel tragico frangente mi tornarono alla mente le parole di San Paolo ai Corinti e le dissi loro in esperanto, aggiungendo che ero solo un soldato disarmato e malato e che se mi avessero conosciuto un po´ a fondo non avrebbero trovato in me un nemico ma un essere umano come loro, costretto alla guerra dagli avvenimenti. A questo punto una voce tra loro esclamò:”Questo è un esperantista, non può essere un nemico: non dobbiamo ucciderlo!”. Da persone semplici avevano capito il mio spirito: solo la forza delle circostanze mi aveva portato nella loro terra come soldato, ma in me c´era solo la voglia di dare e ricevere comprensione e, quindi, mi dimostrarono amicizia. Mi accolsero nelle loro case, mi diedero del formaggio ed un bambino mi offrì una mela dicendo in Esperanto: “Jen por man^gi”, ecco qualcosa da mangiare; poi mi lasciarono libero. Così devo all´Esperanto il dono della vita e la conoscenza die grandi valori umani che sono spontanei nella coscienza infantile e pura dell´uomo”. Credo davvero superflua qualsiasi parola di commento