Diciamo subito cosa il film non é. In sala molti sono rimasti delusi della poca aderenza ai fatti della banda a cui il film di certo si richiama: la banda della magliana. E infatti il film è intitolato "Romanzo criminale" proprio per questo motivo. E' una storia che si ispira ai fatti degli anni '70 ma si prende le licenze del caso, vuoi per motivi tecnici e pratici, vuoi per cercare uno stile proprio, in anni in cui le inchieste sui tanti episodi bui della Repubblica attirano l'attenzione del pubblico.
Certamente un punto di forza è costituito dal cast, tutti all'altezza della situazione, con un buono spettro espressivo e caratteristico. Ebbene, persino Stefano Accorsi. A tal proposito mancano quasi del tutto le scene di azione pura. Il film preferisce concentrarsi sulla vicenda umana della banda. Risalta il verghiano del "povero e umile" che cerca di emergere e l'unico modo per farlo è quello della violenza, dell'atto efferato e clamoroso per prendersi ciò che il destino ha negato loro;
c'è l'aspetto romanzesco e romantico della storia d'amore, l'affanno umano dei componenti della banda alle prese con problematiche personali irrisolte.
Non manca ovviamente, anzi è molto importante, l'affresco politico-sociale che fa da sfondo alle vicende. Più che accennate le connessioni con la camorra, la guerra alla mafia, i rapporti con il lato oscuro degli apparati statali; e ancora le commistioni con il rapimento Moro, l'attentato di Bologna e a papa Woityla.
Civettuolo, Placido, che strizza l'occhio ai banditi, strappa il drappo della ferocia per renderli più umani, sintetizzando un sentimento di pietà, quasi comprensione, scagliandosi contro i burocrati corrotti dello stato che fanno e disfano secondo oscure trame politiche. Un buon film pur se non esente dal vizio antico di compiacere e compiacersi.