La madre si vergognava dei problemi della figlia
Handicappata chiusa in bagno per 30 anni
L'incredibile storia a Pescara: mangiava gli avanzi in ciotole, veniva lavata ogni tanto con un tubo dell'acqua sul balcone
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PESCARA - Guantanamo è anche in Italia, a Pescara. E non «ospita» presunti terroristi, ma una povera donna handicappata. «Una storia triste che ha dell'incredibile», ha commentato il dirigente della Squadra mobile di Pescara, Nicola Zupo, che ha liberato la «prigioniera» dalle mani della madre che l'aveva tenuta segregata a chiave nel bagno di servizio di casa per 30 anni poiché si vergognava del suo handicap. Un incubo finito con l'intervento della polizia che, su denuncia dei parenti (ma ci si chiede in tutti questi anni dov'erano), ha disposto l'allontanamento della donna dalla madre. Anche il cane di casa, hanno detto gli agenti della squadra mobile di Pescara, aveva un trattamento migliore: la ciotola per l'animale, libero di muoversi per casa, stava in cucina.
FINE DI UN INCUBO - Giuseppina, 52 anni, è stata costretta per trent'anni a mangiare gli avanzi in ciotole e a dormire su una brandina da campeggio in un appartamento di un condominio di Pescara. Veniva lavata ogni tanto con un tubo sul balcone e usciva una volta al mese, ma solo per ritirare la pensione di invalidità. Sia la madre Annina, 73 anni, sia il suo secondo marito (del vero padre di Giuseppina, che porta il cognome della madre, non si è mai saputo nulla) sono indagati per maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona.
UNA STORIA DI OMERTÀ - Sia Giuseppina che la sorella, di due anni minore, fin dalla nascita erano state messe in un istituto. A 9 anni la più piccola tornò a casa, «dove subì continui maltrattamenti dalla madre, che spesso la picchiava, la chiudeva in bagno o, per punizione, la lasciava di notte sul balcone. Finché la ragazza non scappò a 18 anni e riallacciò i rapporti solo qualche anno fa con la madre», racconta Nicola Zupo. Anche Giuseppina uscì dall'istituto e venne affidata a una zia. Ma quando questa morì, trent'anni fa, andò a vivere con la madre, che la chiuse nel bagno di servizio. Nel frattempo la madre si risposò ed ebbe altri figli. Ma Giuseppina rimase sempre segregata, in condizioni igieniche indicibili, senza illuminazione. Nel condominio nessuno per decenni si è accorto di nulla; nessuno dei parenti denunciò le condizioni di vita in cui era costretta la ragazza. La stessa sorella più piccola - secondo quanto riferito dalla polizia - sapeva e non disse mai nulla. Anche all'anagrafe fino al 1996 di Giuseppina non risultava nulla, fin quando il suo nome fu registrato per la prima volta, all' età di 42 anni. «Non abbiamo ancora capito le motivazioni che hanno spinto i parenti a denunciare ora la situazione», ha affermato Zupo.
«Ora Giuseppina è in ospedale per accertamenti. Cammina a fatica e ci vede poco per la cataratta agli occhi. Nei prossimi giorni sarà eseguita una perizia per accertare il suo deficit mentale. Presto la trasferiremo in un istituto protetto». Per la madre è stato disposto anche il divieto di vedere la figlia.
17 gennaio 2006