Ti sarà sempre strano pensare che ero giovane. Che la domenica mattina, sul piazzale della chiesa, spiavo le ragazzine della mia età, e diventavo rosso se per accidente proprio quella giusta mi guardava un attimo. E forse anche più strano pensare alla curiosità per le vesti, le sottovesti, che sontuose avvolgevano i corpi delle amiche di mia madre. Venivano da lei, che era una sarta, e da uno spiraglio della porta a vetri, rubavo paesaggi inusitati, per me.
E il sapore del sangue, sul labbro, dopo la zuffa con quelli dell'altro cortile. E i rovi che lasciavano segni nelle gambe, nella corsa forsennata, nei lunghi pomeriggi caldi della periferia. E poi, molti anni dopo, vedere l'infanzia ricominciare, ma stavolta dalla parte più scomoda, anche se bella, del padre.
Stasera mi hai guardato con affetto, ma è un affetto che non mi aspettavo, quello d'una donna per il suo vecchio papà. Santo cielo come fila via la vita, quattro estati, qualche inverno, qualche vento dolce di aprile, e sei già ben oltre metà del viaggio. Meno male che le parole, una volta scritte, non muoiono mai.