L'ambiguità dell'uccello, ecco il tema che vorrei sottoporre a questo variegato e scanzonato consesso.
Sarò breve.
Nel capolavoro del grande cineasta inglese, gli Uccelli sono una minaccia, forieri d'angoscia, inquietanti presenze. Il loro poter volare, volare a frotte, li rende perfetti a raccontare la paura d’una minaccia che appunto volteggia sulla nostra testa.
Altre figure d'uccelli che fanno paura, le troviamo in letteratura.
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennúto 'l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani
(Inferno, XIII canto, Dante)
Le Arpie, brutte, inquietanti, l'essenza della femminilità malvagia, cupa e rapace. Insomma uccelli orrendi. Anche se qui l’orrendo è in fondo l'ibridazione antropica.
Ma gli uccelli sono simboli di dolcezza e di vita. Ad esempio la cicogna. Grazie alla sua abitudine di nidificare sui camini, sopre le case, è entrato nelle leggende, e in molti posti è simbolo di felicità, fecondità, fedeltà. Porta anche i fratellini, così si diceva ai bimbi d'una volta, considerando molto più poetica la cicogna che la realtà. Insomma un uccello che è quasi una fiaba esso stesso.
E poi, ovviamente, la colomba. Dopo il diluvio, fu la colomba, alzatasi in volo dall'arca, a tornare col rametto d'ulivo nel becco. Simbolo di nuova terra, nuova pace, nuova conciliazione. Insomma un uccello decisamente rassicurante, e anche di sinistra, diciamocela tutta.
Ma anche ora, in questi giorni, c'è da riflettere. Il cigno, simbolo d'eleganza, volatile d'indiscusso fascino, diviene, morendo d'influenza, nefasto presagio, lugubre rintocco della biologica globalizzazione.
Insomma l'uccello è ambivalente, e su questo non ci piove.