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Un mercato in crescita, anche se non esponenziale, alle prese con le numerose novità tecnologiche, che vede l’Italia – dal punto di vista della produzione industriale – in forte declino. Gli spaghetti porno sono un po' decotti. Da qualche anno non siamo più nel ristretto club dei G7 del porno: l’Italia che fino ai primi anni Novanta è stata un paese produttore di un certo livello è oramai esclusa dal circolo dei grandi.
Un mercato, quello del hard, nel quale si nasconde il turpe giro criminale che guadagna sulla pornografia minorile. Un fenomeno diffuso soprattutto in Internet.
E’ declino italiano anche nell’industria dei film hard. E’ questo il dato che emerge dal rapporto di Eurispes. Poca innovazione, forte concorrenza straniera, delocalizzazione: i mali che stanno colpendo l’economia non fanno sconti a nessuno.
Unica, ma sostanziale differenza è che il comparto pornografico, a differenza di altri settori, si mostra vitale e con un’ottima tenuta dei consumi.
Poca innovazione, anche nel sesso
“Italia schiacciata tra paesi leader e paesi emergenti”, “il nostro paese svela segni di un certo declino... “. Sono questi alcuni dei commenti del rapporto sullo stato di salute della nostra economia del sesso
I concorrenti, in questo caso non sono i cinesi, ma i paesi emergenti ad est dell’Unione europea. In Ungheria e nella repubblica Ceca esistono imprese assolutamente competitive rispetto a quelle occidentali.
Il dato economico segnala che il 70% dei film porno immessi sul mercato italiano sono stranieri.
Da notare che anche nel porno si è verificata una delocalizzazione: molte aziende dell’est sono dirette da italiani che hanno trasferito in quei paesi il loro business.
Una crisi aggravata dall’assenza di pornostar italiane di peso internazionale. Eurispes boccia le vecchie glorie del passato, Ilona Staller (Cucciolina), Moana Pozzi (morta nel 1994), e le eredi, Eva Henger, Selen (che ha abbandonato il set), popolari in Italia, ma sconosciute nel modo del hard globalizzato.
Sul piano delle infrastrutture, l’industria pornografica italiana non ha investito né sta investendo nell’innovazione multimediale e digitale collegata alla commercializzazione del mercato video.
Vecchie glorie alla riscossa
Un bollettino poco brillante, almeno dal punto di vista economico. In parte, però, mitigato in quella che si può definire come la riscossa delle vecchie glorie degli spaghetti porno. Molti di costoro – afferma il rapporto – hanno rinomanza internazionale scandita dai vari riconoscimenti ottenuti: gli oscar del porno statunitensi o gli Hot D’Or della rassegna internazionale del film pornografico che si svolge al lato del Festival di Cannes.
Girano sia in Italia sia all’estero contando su budget medio di circa 29/38 mila euro. Di un video prodotto con un simile budget, il distributore acquista i diritti sul titolo per una cifra compresa tra i 7 mila e gli 8 mila euro a copia, per quel numero di copie che ritiene di poter vendere ai diversi distributori: sexy shop e video noleggi. Il guadagno del produttore dipende quindi dal numero di copie di cui cede i diritti al distributore. Gli introiti di quest’ultimo dipendono dai video che fa acquistare dai sexy shop e dalle videoteche. I sexy shop e le videoteche incassano in funzione delle copie vendute o noleggiate.
I dati riportati dal rapporto – per avere un’idea dei ricavi dei produttori e degli esborsi dei distributori – indicano in 3 mila/18 mila euro il costo dei diritti d’acquisto. Una differenza che dipende da diverse variabili: attori famosi, lunghezza del film, numero delle scene di sesso, ecc.