Il ministro dell'Interno
«Continueremo ad applicare la Bossi-Fini»
Incontro con l’ambasciatore della Libia: piena collaborazione per il controllo dei clandestini
ROMA — Quando era ministro del Tesoro, con il II governo D’Alema, Giuliano Amato firmò un assegno che consentì al Viminale di rendere più umani i Centri di permanenza clandestina (Cpt) di Milano, di Torino e di Lecce. Poi, da presidente del Consiglio, ascoltò il ministro dell’Interno Enzo Bianco e fece localizzare a Gradisca d’Isonzo il Cpt che, 5 anni dopo, sarebbe stato inaugurato da Beppe Pisanu.
Non deve stupire, dunque, che Giuliano Amato sposi una linea di continuità sul contrasto dell’immigrazione clandestina. Un’impostazione che parte dalla gestione di Giorgio Napolitano (i Cpt furono istituiti dalla Turco-Napolitano), poi proseguita da Rosa Russo Jervolino e da Bianco: umanizzare i Cpt lasciando alla polizia solo il controllo esterno, incentivare la politica dell’accoglienza con quote annuali più ampie, riconoscere chi ha un lavoro, usare severità con chi delinque.
Così si comprende perché Amato tema quella politica degli annunci che può innescare un’escalation pericolosa: «Da ex primo ministro - ha detto ai suoi collaboratori - capisco più di altri le preoccupazioni di Prodi per la tenuta della collegialità del governo». Per questo, Amato fa sapere che manterrà il massimo del riserbo «almeno in questa prima fase».
Però, con l’estate alle porte va da sé che annunciare «regolarizzazioni» e «sanatorie» (come fa il ministro Ferrero che poi si corregge) e di interruzione delle espulsioni verso la Libia (come sostiene Marcella Lucidi) possa mettere sul preavviso i mercanti di carne umana e gli scafisti. L’effetto annuncio può provocare un’ondata di arrivi a Lampedusa.
Non deve stupire, dunque, che ieri Amato (accompagnato dal vice ministro Marco Minniti e dal capo della Polizia Gianni De Gennaro) abbia incontrato al Viminale l’ambasciatore della Libia presso la Santa Sede, Abdulhafed Gaddur, per confermare al governo di Tripoli «la piena collaborazione per il controllo dell’immigrazione clandestina, anche in considerazione dell’inizio della stagione estiva». Così che «da parte libica è stato ribadito l’impegno e una forte volontà di cooperazione con il governo italiano che, anche in un recente passato, ha prodotto effettivi e visibili risultati».
Tra le richieste libiche c’è la convocazione di una conferenza Ue-Unione africana che affronti quello che Amato definisce «un dramma di proporzioni storiche perché c’è chi calcola che su 100 migranti pochissimi arrivino a destinazione ».E c’è chi ha sentito il ministro pronunciare una frase di questo genere: «Non possiamo trasformare il deserto in un ossario». Davanti alle preoccupazioni di Amnesty International («Nel 2005 sono stati espulsi 1.425 immigrati verso la Libia a dispetto del diritto internazionale sui rifugiati»), Amato si pone in posizione di ascolto: «Capisco le preoccupazioni, le espulsioni saranno effettuate verso i Paesi di provenienza ».
Il ministro fa sapere che il governo «non farà sanatorie». Piuttosto «verrà rispettata l’impostazione della Bossi-Fini », con la possibilità di ampliare le quote: considerando che molte delle domande presentate per il 2006 (previsti 200 mila permessi in più rispetto ai 200 mila previsti dalla Bossi-Fini) avrebbero i requisiti di legge. Però, ha insisttio il ministro anche dopo aver appreso con soddisfazione la rettifica di Ferrero, «attenti alla demagogia e alla confusione». Infine, i contatti con il commissario Ue Franco Frattini: «Sono contento di aver proposto a suo tempo che la competenza sull’immigrazione clandestina diventasse prerogativa della Ue».