Vorrei portare asll'attenzione un testo dal blog di Sciltian Gastaldi:
http://anellidifumo.ilcannocchiale.i...logdoc=1024338
Omofobia come antisemitismo
“Rivendico il diritto a essere omofobo, a provare schifo dinanzi a due omosessuali, a sentirmi a disagio per il fatto che si parli con questa pacatezza di omosessualità”. “Pasolini? Un pedofilo che s’è andato a cercare la morte proprio il 2 di novembre, per restare nella memoria”. Sono solo due delle perle uscite dalla bocca dell’ultimo reazionario di turno, tal Camillo Langone, nuovo giornalista clericale de “Il Foglio” (sempre più “Il Soglio”) di Giuliano Ferrara, ospite mercoledì 24 maggio dal suo stesso direttore nelle vesti di conduttore della trasmissione tv di La7 “Otto e mezzo”. Ascoltando quel dibattito, mi è venuto spontaneo pensare: e se stasera avessero parlato di antisemitismo, anziché di omofobia. Se fosse stato invitato un giornalista de “Il Foglio” che avesse detto, testualmente: “Rivendico il diritto a essere antisemita, a provare schifo dinanzi a due ebrei, a sentirmi a disagio per il fatto che si parli con questa pacatezza di ebraismo”. “Anna Frank? Un’esibizionista che s’è andata a cercare la morte per restare nella memoria”. Cosa sarebbe successo, in trasmissione? E il giorno dopo? La comunità ebraica, cosa avrebbe detto? E i telegiornali nazionali? Insomma, lo sappiamo bene: sarebbe esploso un putiferio. Ferrara avrebbe alzato la voce, sarebbe scattato in piedi e magari avrebbe aggredito verbalmente l’apertamente antisemita Langone prendendolo a male parole. Per non dire di ciò che avrebbe detto Ritanna Armeni. Insomma, Langone avrebbe messo a serio rischio non solo il suo posto di lavoro al “Foglio”, ma la sua stessa carriera giornalistica.
Invece no. Il sor Langone ha potuto impunemente commettere quello che in molti altri Paesi occidentali è un reato aggravato: “Incitamento all’odio di genere mediante mass-media”. Una roba da finire in galera, e da multa a sei zeri in euro. Ha scandalizzato soltanto Brett Shapiro, celebre scrittore gay presente in studio, che ha dovuto ascoltare il vomito del bigotto pupillo di Ferrara e subirne anche gli attacchi per la sua doppia identità di gay e di ebreo credente, “incompatibile”, secondo il triste mondo di Langone. Shapiro è stato costretto ad ascoltare quelle ridicole farneticazioni e ha espresso tutto il suo sconcerto bevendo ripetutamente l’acqua davanti a sé, con la mano tremante. In quel tremolio io ho visto il segno della violenza che le parole del foglista clericale stavano lasciando sulla persona dello scrittore ebreo-americano, e di tutti coloro che ne condividono la sensibilità. Ecco perché sostengo da tempo che la prima legge che l’Italia si deve dare quando pensa allo stato arretrato dei suoi diritti civili è quella contro la discriminazione.
Non è più tollerabile che ci sia gente che possa nascondersi dietro il paravento della libertà di parola e di opinione per dire pubblicamente che una determinata categoria della popolazione “gli fa schifo”. Questo signor Langone ha l’aggravante di non essere un popolano. Ha l’aggravante di avere studiato, di essere un giornalista e quindi, si suppone, un intellettuale. Beh, un giornalista che confonde la pederastia di Pier Paolo Pasolini, il massimo poeta italiano del Novecento, con la pedofilia, non solo dimostra di non sapere distinguere i due termini, ma falsa volutamente la realtà.
Chi scrive è indifferente alla pederastia e condanna la pedofilia, ma soprattutto conosce la differenza tra i due comportamenti. È pedofilo chi prova piacere a far sesso con i bambini, e la legge italiana intende per tali le persone sotto i 14 anni, ossia coloro che sono “penalmente irresponsabili”. È pederasta chi riproduce i ruoli dell’antica Grecia e della Roma classica, dell’adulto che prende sotto la sua protezione un adolescente che sta per diventare uomo. La differenza c’è per tutti, per il buon senso popolare come per il nostro ordinamento giuridico. Allora ribadiamo la difesa di Pasolini ancora una volta: la legge, la criminologia e la psichiatria internazionale sostengono che può considerarsi pedofilo chi ricerca le attenzioni di fanciulli di età inferiore ai 13 anni. Le marchette di Pasolini, a quanto ne sappiamo, non ne avevano mai meno di 16/17. E in ogni caso, PPP non costringeva i suoi partner a rapporti che non desideravano. Non faceva violenze, al contrario di quanto l’uso della parola “pedofilo” potrebbe far supporre. Langone ha sostenuto che Pasolini avesse “sovente rapporti con 14enni”. Bene, ne porti le prove. Ma si ricordi il collaboratore de “Il Foglio” che i numeri non sono poca cosa, per la legge, e 14 e maggiore di 13.
Non posso descrivere cosa penso di Langone come uomo. Posso però dire, come giornalista, che mi vergogno di condividere lo stesso albo con un essere apertamente omofobo. L’Ordine dei giornalisti rimarrà indifferente come al solito, davanti a questa pubblica dimostrazione di intolleranza? Ma non dovremmo avere un codice etico e deontologico, noi professionisti? Diffondere notizie false, come quella della pedofilia di Pasolini, è vietato e sanzionato duramente dal codice deontologico dei giornalisti. È anche reato di diffamazione a mezzo stampa. Incitare all’odio di genere non è ancora reato per i nostri codici, ma alle volte gli ordinamenti delle professioni si sono mostrati illuminati e hanno saputo sanzionare comportamenti odiosi che pure non costituivano reato per il tribunale. Al vandeano Camillo Langone dedico infine le parole di quello che per lui è probabilmente solo “un rosso”: “Chi non conosce la verità è uno sciocco. Ma chi, conoscendola, la chiama bugia è un delinquente” (Bertolt Brecht).