Le attrici sottopagate, le mogli trascurate, le studentesse vessate, le mamme della Bosnia...
V-Day, l'orgoglio delle donne a New York due settimane di Festival
Attrici in scena insieme all'autrice de "I monologhi della vagina"
di GAIA GIULIANI
NEW YORK - La vagina - o vagiaina come si pronuncia in inglese - vale 35 milioni di dollari. E ieri sera New York ha tenuto a battesimo il suo primo festival. Per due settimane l'altra metà di Hollywood, quella in rosa che viene "pagata un'inezia" in confronto ai colleghi maschi, conta "pochissime registe tra le sue fila, e quando ne salta fuori una, i signori premi Oscar subito coalizzati a darle della gallina" come rimarca furiosa Kathy Bates, attivo membro del sindacato attori, non farà altro che parlare di lei.
Jane Fonda, Kathy Bates, Salma Hayek, Isabella Rossellini, Marisa Tomei, Rosario Dawson e molte altre signore dello spettacolo statunitense si alterneranno sulle scene di teatri e club della Grande Mela - dai 10 dollari in su a biglietto - per difenderla dalle violenze, umiliazioni, mutilazioni sotto l'egida di Eve Ensler, autrice dei famosi "Monologhi della vagina". Ex alcolista, figlia di un padre violento che abusò di lei all'età di dieci anni, dopo il successo dei suoi Monologhi la Esler ha fondato il V-day, ovvero il Vagina-day, un'associazione internazionale che raccoglie fondi per educare al rispetto delle donne e restituire dignità alle vittime degli abusi sessuali.
In otto anni di attività ha ricevuto 35 milioni di dollari in donazioni con cui ha costruito centri di accoglienza femminile dal Kenya all'Afganistan, realizzando strutture analoghe in migliaia di college americani che offrono assistenza legale gratuita alle studentesse, più molto altro ancora. Kathy Bates partecipa su invito della Esler, chiede salari più alti e meno discriminazioni nel suo "business" ricordando quel padre "che avrebbe tanto voluto vedere un paio di calzoni al posto delle mie gonne: bè il mio Oscar gira nudo".
L'esordio allo Studio 54, quello della dance music degli anni '70. In scena Fonda, Bates e altre colleghe con il copione davanti a leggere "Necessary targets", nuova piece della Esler ambientata in Bosnia. Il palco è nudo, solo qualche sedia. "Ho viaggiato molto nell'ex Jugoslavia dopo la guerra, passando settimane a raccogliere storie dalle donne - racconta la Esler -. Le ascoltavo per otto, dieci ore al giorno. Quando si parla di guerra, vengono in mente i campi di battaglia, gli scud. Nessuno pensa ai saccheggi, al dopo. Il compito di ricostruire spetta alle donne. Gli uomini non ci sono piu', annichiliti nel corpo e nell'anima dai combattimenti. Sono le loro compagne che ho visto coltivare giardini tra i binari delle ferrovie devastati dalle bombe". Quei "bersagli necessari, inevitabili" al centro del suo lavoro. Che distilla dolore con la giovane vedova che stringe al petto un panno arrotolato al posto del bimbo, scivolato via dalle coperte mentre scappava dai soldati. Ironia quando la più anziana del gruppo reclama a pugni chiusi la sua mucca dai grandi occhi marroni, unico amore di una vita trascorsa senza sesso.
Jane Fonda piange a scena aperta. Un po' il personaggio, molto per la sua biografia. "Sono nata ricca, bianca, privilegiata. Ma sono anche stata educata al silenzio, alla sottomissione verso gli uomini, cosa che ha fatto fallire tutte le mie relazioni. Non ho mai avuto un rapporto paritario con i miei tre mariti: indipendente finanziariamente, mai a livello emotivo. Sempre disposta a qualsiasi sacrificio per accontentarli". Una madre suicida, che solo poco tempo fa, "mentre scrivevo la mia autobiografia, ho scoperto essere stata vittima di un incesto da bambina". Dopo anni di assenza, è tornata a recitare a Broadway solo per la Esler.
La standing ovation arriva immancabile. Le attrici ringraziano dal palco con l'indice e il medio biforcati a formare una V. Vittoria, vagiaina.