Dopo alcune segnalazioni da parte di colleghi ai quali Google ha (dopo anni) riabilitato alcuni loro siti riammettendoli nelle sue serp, ho potuto verificare con piacere di aver ricevuto, almeno in un paio di casi, lo stesso "privilegio" da G.

Insomma, da qualche settimana a questa parte, senza sollecitazione alcuna da parte dei possessori di siti bannati in passato, G ha deciso di riabilitarli, li "sbanna".

Fin qui nessun apparente problema... quale wm non sarebbe contento di veder riammesso nelle serp di g un suo sito!?

Il problema (e non da poco) invece appare-sorge nella sua interezza quando si analizza da un punto di vista "morale" il tutto.

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Ipotizziamo il migliore dei mondi possibili.

Un wm ha un sito che non risponde ai "termini e condizioni" di G e google lo banna.
Il wm non cambia il suo sito, non lo "corregge", e G continua a bannarlo.
Mi sembra logico.

Un wm ha un sito che non risponde ai "termini e condizioni" di G e google lo banna.
Il wm allora cambia il suo sito, lo "corregge", e G subito dopo averlo riverificato lo riinserisce, lo rivaluta.
Il figliol prodigo insomma.

Questo appunto nel migliore dei mondi possibili.

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Allo stato attuale delle cose pero', in un mondo (almeno quello attuale di G) che di migliore ha solo il settore marketing, questa semplice logica delle cose sembra non appartenergli.

Spiego con un esempio pratico.

Un wm nell 2000 ottimizza un suo sito con tecniche che non portano a particolari penalizzazioni da parte di G.

Nel 2003 G cambia le sue direttive e ritenendo che quelle ottimizzazioni non siano piu' accettabili per i suoi standard dopo alcuni mesi (visto che il wm non e' stato recettivo e pronto a modificare il proprio sito) gli banna il sito.

Il wm, magari dopo un anno, visto il drastico calo di accessi modifica il sito, rientrando nei suggerimenti per i wm proprosti da G, e ne richiede la riinclusione, siamo nel 2004.

G pero' pare non sentirci, allora il wm gli riscrive, ma nulla.

Il wm allora se ne fa una ragione, pensa che la pena assegnata da parte di G al suo sito sia l'ergastolo e cosi' magari smette anche di aggiornalo, o magari lo duplica in modo che G almeno inserisca il nuovo (visto che ormai e' "in regola") e via dicendo.

Poi pero', passati 3 anni, nel 2007 ecco che misteriosamente il vecchio sito ricompare nelle serp di G nel suo antico splendore.

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Ecco cosa prova, nell'ordine, il wm dopo questa esperianza: iniziale incredulita' (non credo ai miei occhi), godimento (i vecchi accessi che ritornano!!), incazzatura bestiale.

Si perche' il seo solo allora si rende conto della sua ingenuita'.
Per lui l'informatica era da sempre fatta di 0 ed 1.
O dentro o fuori.

Non sapeva che G invece avesse introdotto nei sui algoritmi un reato (scontabile nei soli confronti di G) che prevedesse 3 anni di pena. Insonna un reato tipo truffa senza aggravanti.

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Siamo davanti ad una situazione apparentemente di nessun conto se non fosse che, data l'importanza della societa' in questione, crea un precedente serio e grave.

Per capirci e' come se nei forum si stabilisse di bannare gli utenti per un periodo di tempo del tutto soggettivo. A te do 2 anni, a te 5, a quello un ban a vita mentre a te che mi fai comodo (dopo mi scrivi che ti sei pentito) ti riammetto immediatamente.

Pensate un solo momento come si devono sentire quelli ancora bannati, quelli che dopo aver scritto e riscritto ai gestori dei forum pur scusandosi, non sono stati mai riammessi.

Prima almeno si illudevano-credevano che una volta bannato, se dopo esserti scusato non eri riammesso, allora non lo saresti stato piu'.
E soprattutto credevano che questa regola, legge dura legge, valesse sempre e per tutti.

Mal che andasse rientravi dalla porta di servizio con un altro nic, con un sito duplicato su un nuovo dominio.

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Da che mondo e' mondo, e parliamo del mondo informatico, se dopo esserti chiarito non sei riammesso hai la certezza che la questione e' chiusa.

E' il brutto ma anche il bello del net.
Poche chiare e bastardissime leggi che non guardano in faccia a niente e nessuno.
Prima.

Prima che google le riscrivesse a proprio uso e consumo.