Non era difficile prevederlo, e infatti l’avevamo previsto: Renzi ha la stoffa del duce, e bisognava fermarlo prima che potesse incominciare a dimostrarlo. Non lo si è fatto, e ora non si può che iniziare a registrare tristemente le prime tappe della “costituzione” del nuovo regime.Qualcuno nel partito non è d’accordo con la linea del duce? Nell’attesa di farlo fuori alle prossime elezioni, con la nuova legge elettorale promessa per metà aprile, poi slittata a prima delle elezioni europee, poi slittata all’estate, e poi si vedrà, lo si epura dai posti di responsabilità dove potrebbe manifestare il suo disaccordo. E’ il caso del senatore Corradino Mineo, una delle poche voci non allineate in quel partito di ominicchi, ormai quasi tutto saltato sul carro del vincitore.
Qualche giudice incomincia a scoprire gli altarini di quello stesso partito? Incominciano a circolare voci di tangenti a Letta, a Bersani, a Fassino, a Cacciari? Subito si mandano “avvisi di garanzia” ai giudici, tramite emendamenti anti-magistratura proposti apertamente dai veterofascisti, ma coraggiosamente approvati coi voti segreti dei neofascisti.
Si “scopre” il segreto di Pulcinella che le grandi opere esistono per elargire finanziamenti pubblici in massima parte alle imprese private, e in minima parte ai funzionari pubblici? Ci si straccia le vesti per la minima parte, salvo appunto avvisare i giudici a non ficcare il naso anche nel campo della maggioranza. Ma ci si schiera a favore della massima parte, che tra l’altro viene spesso elargita in deroga alle misure di controllo, e serve a far banchettare tutta una serie di imprese parassitarie intermediarie, che subappaltano i lavori ad altri che li subsubappaltano ad altri che li subsubsubappaltano, eccetera, mentre tutti si arricchiscono a spese dell’ultimo a cui rimane il cerino in mano.
E naturalmente si continua a distrarre l’attenzione dirottandola sulle “riforme”, come se cambiare il Senato fosse una priorità che interessa a qualcuno, rispetto alla chiusura del finanziamento pubblico alle grandi opere succhiasoldi, dall’Expo al Mose, nell’attesa di scoprire le tangenti per la Tav. E si continua a distrarsi con i serial su Gomorra, per fingere di non vedere che la vera mafia sta appunto in Piemonte, in Lombardia e in Veneto. Senza dimenticare la Liguria, ovviamente, con i suoi eroi alla Scajola.
Nel frattempo, poiché qualcosa bisogna pur fare per dar l’impressione che si sta facendo qualcosa, quella Madonna addolorata della Madia cucina una riforma della Pubblica Amministrazione nello stile del miglior Brunetta, e il premier strilla che “nessuno ha diritto di veto” rispetto ai suoi modi da duce. Sbaglia, perché l’avevano gli elettori, che avrebbero potuto fermarlo quand’era possibile. Non l’hanno fatto, e se ne pentiranno a tempo debito, ma come sempre succede in queste cose, bisognerà aspettare un ventennio.
Nel frattempo, accendiamo pure tutti la tv per goderci i mondiali di calcio. Che ci importa delle grandi opere, o delle riforme? Sempre di palle si tratta, ma non possono certo competere con i palloni.